Home Cultura e Eventi Cultura Margherita a Benito: ‘Sarò per sempre tua, mio capo e amante’

Margherita a Benito: ‘Sarò per sempre tua, mio capo e amante’

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ROMA – ''Sarò per sempre tua, mio adorato Benito, caro mio sposo, capo e amante''. E' tornato alla luce un gruppo di 25 lettere autografe della scrittrice Margherita Sarfatti (1880-1961), databili al periodo 1922-23, indirizzate a Benito Mussolini. Alcune lettere sono scritte su carta intestata ''Gerarchia'', la rivista mensile che l'ebrea Sarfatti aveva diretto affiancata da Mussolini, mentre le restanti sono vergate sulla carta degli hotel che gli amanti frequentarono per celare agli occhi del mondo la loro relazione, almento fin quando assunse risvolti semi-pubblici dopo il trasferimento a Roma di Mussolini e la morte del marito Cesare nel 1924.

L'inedito carteggio sarà battuto all'asta dalla casa Bloomsbury a Roma, in Palazzo Colonna, martedì 16 giugno, con una stima che oscilla tra i 20.000 e i 25.000 euro. Le lettere delineano un percorso in crescendo, dalle iniziali ritrosie fino alle scenate di gelosia, in una relazione considerata stabile e profonda. Margherita e Benito si erano conosciuti a Milano nel 1912, nei salotti che lei frequentava con disinvoltura e lui con assoluta goffezza e malcelato imbarazzo.

Le lettere sentimentali che andranno all'asta rappresentano lo spaccato di una passione vorticosa. Tra le missive della Sarfatti compare anche quello che può essere considerato l'atto di nascita della loro relazione: ''Benito mio, mio adorato. E' la mattina del 1 gennaio 1923. Voglio scrivere questa data per la prima volta in un foglio diretto a te, come una consacrazione e una dedicatoria. Benito mio adorato. Sono, sarò, sempre, per sempre tutta, di più tua. Tua''.

In un'altra lettera successiva, Margherita, che qualche anno più tardi pubblicherà 'Dux', la biografia del Duce, si sente parte della ''milizia palese e segreta'' di Mussolini, giurandogli di essere sua ''amica, donna, sposa'': ''mi giurai a te, signore e sposo, capo e amante; con fedeltà assoluta e devozione di partigiani, di italiana, di cittadina, di madre, e di amante''. ''Sono orgogliosa di te, questo; ma per quello che sei, non per quello che appari. Sono orgogliosa di te sino al fanatismo e sino alla pazzia, ma per il tuo valore intrinseco, non per il feticismo che di te ha la folla'', aggiungeva Sarfatti.

Ma il tono delle lettere non è sempre così trasognato e idilliaco, a volte si passa all'accusa più diretta: ''Le tue divine stregonerie mi hanno fatto brulicare il sangue di uno strano fermento''. Allusione a qualche genere di droga? ''Adorato, adorato, adorato: farò quello che tu vorrai. Sono tua. Tu non mi chiedere cosa che non sia compatibile con la mia dignità e il mio dovere, e con i diritti sacri, inviolabili, che altri esseri adorati, usciti da me, hanno su di me''. A quale richiesta ''immorale'' si riferisce Margherita? Quale affronto alla sua dignità di donna e di madre stava per esserle perpetrato? Qualcosa si scopre leggendo la missiva datata 30 gennaio 1923: ''Caro amico, la serie di scenate assurde, ignobili indegne, ma sopratutto idiote avvenute stasera mi ha lasciato perplessa, esasperata, disperata ma anche pensosa. Ho passato cinque dico bene 5 ore in casa vostra con qual vantaggio del mio decoro e della mia dignità; taciamone: per ottenere di essere torturata con una serie di martirii stravaganti raffinati complicati; uno più inaspettato e immeritato e più fantastico dell'altro. Voi naturalmente ve ne infischiate: i dolori che voi causate agli altri son molto facili a sopportare. Da voi. Vi prego di non venirmi a prendere per colazione, ma di fissarmi un appuntamento per qualche ora a Palazzo Chigi o al mio albergo, a vostra scelta''.

Ma la lettera più sentita e drammatica di Margherita, di ben 28 pagine, raccoglie il senso disperato e vano dell'amore con Mussolini: ''Sono stanca di amarti, stanca che tu ti faccia del mio amore un tappeto per calpestarlo. Tu sei un uomo estremamente sensitivo, ma fortissimo e, come tutti gli impetuosi, ''dai furori'' e dopo ti passa. Io no. Io sono una natura lenta, una natura ''per di dentro''. Penetra a piano e senza reazioni esteriori apparenti in me il dolore, l'angoscia, la ribellione stessa; ma ahimè! penetrano a fondo, mi lasciano rotta, spezzata, con l'anima in pezzi, amara sino alla nausea e alla morte''.

Più avanti la scrittrice accusa Benito di non rispettarla nemmeno in campo artistico, dove il suo indiscusso parere critico risultava per tutti di massima autorevolezza: ''Bella figura idiota ci hai fatto ad andare in pompa magna da quell'idiota di Bettinelli, il più falso, cretino retorico pittore di Milano, e il più ignoto degli ignoti. L'amore coniugale e famigliare sono bellissime cose per un privato, ma avresti potuto ricordarti che quando si è a Capo del Governo, le proprie espansioni ammirative devono essere dettate anche da criteri meno personali e più severi. E poi parli di me!''.

Il congedo del loro amore, che non sarà prima del 1938 a seguito delle leggi razziali, non è ancora nell'aria; sono ancora scaramucce tra innamorati, che si muovono tra perenni alti e bassi nello scenario di una vita vissuta davvero intensamente.

Articlolo scritto da: Adnkronos