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Max operazione a Firenze, denunciate 32 persone

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Max operazione a Firenze, denunciate 32 persone

FIRENZE – Non ha battuto ciglio l’imprenditore cinese di Empoli quando i militari della locale Compagnia della Guardia di Finanza gli hanno notificato il decreto di sequestro del suo capannone, sito in Fucecchio (FI). Nell’immobile, del valore di mercato di circa 800 mila euro, l’imprenditore aveva collocato un laboratorio per il confezionamento di capi d’abbigliamento.

Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. – Dott. Silvio De Luca – su proposta del Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Firenze – Dott. Luigi Bocciolini –, è stato disposto dopo una lunga e complessa indagine che ha permesso di ipotizzare un’associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale, allo sfruttamento ed al favoreggiamento della manodopera clandestina. Detta attività illecita è stata realizzata attraverso alcune imprese cinesi, operanti nella provincia di Firenze, che hanno evidenziato:
– dichiarazioni dei redditi con ricavi minimi, a fronte di importanti commesse di lavoro;
– un elevato tasso di natalità / mortalità, tale da rendere limitata nel tempo la loro operatività;
– i soggetti titolari, nella maggior parte dei casi, sono risultati “prestanomi” o irreperibili.

Le indagini, nello specifico, hanno preso avvio da ordinari controlli svolti presso varie ditte, ubicate nel circondario Empolese-Valdelsa, per verificare il corretto adempimento della normativa fiscale nonché per accertare la presenza di clandestini e lavoratori irregolari. Nell’ultimo decennio si è assistito, infatti, ad un rapido e notevole aumento di ditte, operanti esclusivamente nel settore manifatturiero del confezionamento di capi d’abbigliamento. Queste imprese nella stragrande maggioranza dei casi sono gestite da cittadini provenienti dalla Cina.

L’esito di alcuni controlli ha insospettito i militari operanti per una singolare ricorrenza:
– il responsabile di diverse società ispezionate era sempre un cittadino cinese che non parlava italiano e che si serviva, come interprete, sempre dello stesso soggetto cinese che si esprimeva in un fluido italiano. Il predetto si presentava sempre come un dipendente anche se nella comunità cinese dell’empolese era appellato con il termine di “Il Capo”.

Questo particolare ha indotto i finanzieri ad effettuare controlli particolareggiati sul medesimo soggetto risultato dipendente di una società operante nel capannone sottoposto a sequestro. La situazione patrimoniale del soggetto non risultava infatti coerente con il reddito di un lavoratore dipendente. Lo stesso, aveva comprato un grosso capannone in Fucecchio dove operava una società nel settore dell’abbigliamento.

Per accertare il preciso ruolo del “Capo”, all’interno delle diverse società “cinesi”, si è proceduto:
– da una parte, ad eseguire degli approfonditi controlli sulla contabilità delle ditte, dove è emerso che i fornitori e clienti avevano contatti esclusivamente con il predetto soggetto;
– dall’altra, a realizzare pedinamenti, a seguito dei quali è stato visto recarsi presso istituti bancari per effettuare movimentazioni bancarie.

Le indagini hanno progressivamente svelato un intricato sistema di frode che, a fianco del “Capo”, vedeva coinvolti sua moglie ed un commercialista dell’empolese. La frode consisteva nella creazione di società (n. 6) che, gestite di fatto dai due cinesi, formalmente erano intestate a “prestanomi” connazionali. Le aziende, peraltro, impiegavano lavoratori cinesi clandestini che erano costretti a subire orari di lavoro massacranti e condizioni di vita inumane, con retribuzioni irrisorie. I cinesi illegalmente presenti nel territorio nazionale erano tenuti all’interno del capannone-laboratorio dove lavoravano. Il laboratorio era strutturato con al piano terra le macchine da lavoro ed al piano superiore i dormitori – piccoli vani divisi da cartoni che contenevano un letto per terra – e la cucina.

L’organigramma criminale vedeva dei ruoli ben precisi:
– i coniugi cinesi individuavano i “prestanome” per costituire diverse aziende operanti nell’area dell’empolese, ove erano confezionati capi di abbigliamento con forza lavoro formata da cittadini cinesi non in regola con i permessi di soggiorno;
– il commercialista italiano forniva la “consulenza” ed i “suggerimenti” per la creazione delle imprese nonché le modalità per “aggiustare” la contabilità e le dichiarazioni fiscali delle stesse.

Le aziende individuate abbattevano i ricavi conseguiti annotando costi inesistenti attraverso fatture false emesse da due società cinesi. Le imprese, dopo un breve periodo di operatività, erano chiuse mentre i titolari risultavano irreperibili.

Il professionista empolese, oltre ad essere depositario delle scritture contabili delle 6 ditte, di fatto gestite dall’imprenditore cinese, era commercialista di altre 24 imprese, gestite sempre da cittadini di etnia cinese, operanti nel medesimo settore economico e con gli stessi clienti e fornitori delle precedenti, anch’esse hanno annotato fatture risultate false per quasi 3 milioni di euro.

È da precisare che le ditte cinesi non producevano prodotto per il mercato della contraffazione ma operavano come “terzisti” per note griffe fiorentine.

In questo modo i due cinesi avevano creato un vero è proprio circuito commerciale con prodotti a prezzi altamente competitivi e con grave pregiudizio delle altre imprese del settore.

La frode architettata è riuscita in pochi anni a sottrarre all’Erario oltre 5 milioni di euro.

Le attività ispettive, che sono durate oltre due anni, nel tempo hanno consentito di eseguire numerosi interventi operativi durante i quali si è proceduto:
– all’arresto di 2 cittadini cinesi, per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale, allo sfruttamento ed al favoreggiamento della manodopera clandestina;
– alla denuncia all’Autorità Giudiziaria di 32 persone (31 di etnia cinese e 1 italiano) responsabili per i medesimi reati; di queste 11 già con precedenti penali in materia di sfruttamento di manodopera clandestina;
– alla denuncia di 20 soggetti di etnia cinese per violazioni in materia di immigrazione clandestina;
– alla rilevazione di un’evasione fiscale di oltre 5.000.000 di euro;
– sequestro di un immobile del valore commerciale di circa 800 mila euro.