Home Attualità ‘San Giovanni Battista’, il lato enigmatico di Leonard

‘San Giovanni Battista’, il lato enigmatico di Leonard

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MILANO – Sensualità, mistero, bellezza ideale. C'è questo e altro ancora – oltre al tangibile e visibile – in una delle opere più enigmatiche di Leonardo da Vinci. San Giovanni Battista, il santo con il dito all'insù, in mostra a Palazzo Marino di Milano fino al 27 dicembre, è tornato in Italia dopo settant'anni. La tela, olio su tavola 69×57 cm, realizzata dall'artista tra il 1505 e il 1510, conservata presso il Museo del Louvre, è stata esposta nel capoluogo lombardo solo nel 1939. Da allora ha fatto ritorno nel nostro Paese, grazie alla collaborazione di Eni, il mese scorso per un evento unico (a visita gratuita) in omaggio del genio toscano.

Il dipinto si trova in una teca infrangibile all'interno della Sala Alessi al termine di un percorso multimediale sintetizzato dalle curatrici Valeria Merlini e Daniela Storti. Un sofisticato sistema di illuminazione avvolge l'opera in un alone di mistero: l'impressione è che galleggi nel buio. Così il dipinto che negli anni si è prestato a diverse interpretazioni (persino a letture psicanalitiche a sfondo erotico), assume ancora più fascino.

Indecifrabile al pari de 'La Gioconda' (comun denominatore il sorriso), per lungo tempo Leonardo non si volle separare dal suo San Giovanni Battista. Realizzato al culmine della sua produzione pittorica (forse il suo ultimo dipinto in cui confluiscono tutte le ricerche sulla tecnica dello sfumato), il dipinto rappresenta il santo giovane, a mezzo busto, come nella classica iconografia di Firenze di cui San Giovanni Battista era patrono. E' raffigurato infatti senza barba e baffi. Per la fluente capigliatura, Leonardo ha utilizzato la tecnica da lui impiegata nei disegni-studio su vortici e spirali del moto d'acqua.

Già nel 1517 c'è la prima menzione dell'opera: Antonio De Beatis, segretario del cardinale Luigi d?Aragona, scrisse di averlo visto nello studio di Leonardo, a Cloux, presso Amboise in Francia (nel paese Leonardo trascorse gli ultimi anni della sua vita). Poi passò a Londra (è citato nel 1630 nelle raccolte di re Carlo I). Il quadro fu quindi acquistato dai francesi Cruso e Térence e giunse nella raccolta di Everhard Jabach, collezionista tedesco che, tra il 1662 e il 1671, contribuì alla costituzione dei fondi del Louvre. Questi, infatti, vendette il quadro agli agenti di Luigi XIV probabilmente tra il 1660 ed il 1662, dalle raccolte del quale passò definitivamente al Louvre.

L'incognita del quadro, che si presume sia stato commissionato da Giovanni Benci, marito della donna ritratta da Leonardo nella Ginevra Benci della National Gallery di Washington, è nella spiritualità di quel dito alzato. Ma rispetto ai san Giovanni che indicano la croce, nel Battista di Leonardo c?è qualcosa di più. E' un gesto più ambiguo. Indica probabilmente il cielo e la promessa di qualcosa. Come disse Picasso: "Da Vinci promette il Paradiso: guardate quel dito levato".

Il dipinto ebbe modo di ammirarlo anche Carlo Emilio Gadda in quell'unica data italiana (1939) che precedette l'allestimento di oggi. Giunto al palazzo della Triennale, per la "Mostra di Leonardo e del genio italiano", lo scrittore e ingegnere milanese definì il San Giovanni Battista leonardesco come un "Bacco angelizzato privo di polarità sessuale" che appare in un'ombra stupenda, culmine della tecnica del chiaroscuro da parte del genio toscano.

Oggi a settant'anni di distanza Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, nel presentare un mese fa la mostra monografica, sceglierebbe volentieri Leonardo come icona di Eni. "Da Vinci, fra tutti i geni italiani, è quello che vorremmo di più come un?icona di Eni", ha detto l'ad, spiegando che Leonardo era "internazionale e cosmopolita, un grande innovatore e un poliedrico curioso del mondo", come il Cane a sei zampe.

Articlolo scritto da: Ign