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Alessandro Profumo: ‘La recessione è alle spalle, ma…’

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Alessandro Profumo: ‘La recessione è alle spalle, ma…’

MILANO – Un anno fa i mercati finanziari toccarono il minimo storico in seguito alla crisi. Le quotazioni azionarie hanno ormai recuperato il terreno perduto ma l'economia reale continua a soffrire. Abbiamo superato la crisi?
Da un punto di vista tecnico, la recessione è finita e l'economia sta facendo registrare nuovi segnali di crescita. Tuttavia, la situazione economica è caratterizzata da fragilità e debolezza e necessita ancora di azioni di sostegno. Tra i principali motivi che destano la mia preoccupazione figura l'elevato tasso di disoccupazione. I tassi di crescita restano troppo bassi per creare nuovi posti di lavoro. Inoltre, dobbiamo confrontarci con il problema di governi e banche centrali costretti a ridurre i programmi di stimolo senza soffocare l'economia.

A livello globale, centinaia di miliardi di euro sono stati destinati all'economia tramite pacchetti d'incentivi economici. Queste misure hanno sortito l'effetto desiderato o si sono rivelate soltanto un dispendio di denaro?
Le misure adottate si sono dimostrate importanti. Non dobbiamo dimenticare che stavamo affrontando una crisi grave di dimensioni pericolose. Tuttavia, non abbiamo assistito alla fine del mondo. Non oso pensare quali conseguenze avrebbe avuto la mancata adozione di tali misure. I pacchetti d'incentivi hanno contribuito al contenimento di tali conseguenze. L'intervento messo in atto ha dato risultati abbastanza soddisfacenti. Tuttavia, il prezzo da pagare è rappresentato dagli elevati deficit del bilancio statale a cui dover far fronte. Si è verificato uno scambio tra debito privato e debito pubblico. A causa della crisi i sistemi di controllo dei deficit sono saltati portando alcuni paesi come la Grecia sull'orlo della bancarotta. A tal riguardo anche paesi come la Spagna, il Portogallo e l'Italia vengono considerati casi problematici. La situazione è estremamente complessa poiché da un lato è necessario riportare i bilanci pubblici in equilibrio, ma dall'altro le misure di risparmio economico non devono compromettere la ripresa in quanto un ritorno alla recessione dovuto alla riduzione del gettito fiscale e all'aumento dei tassi di disoccupazione creerebbe nuovi costi per i governi.

Dobbiamo porci fondamentalmente due domande: In primo luogo, come è possibile impedire che una crisi di queste proporzioni possa ripetersi in futuro e, in secondo luogo, quali sono i fattori trainanti della crescita futura? Quali potrebbero essere i fattori trainanti della crescita?
Esistono settori infrastrutturali su cui sarebbe opportuno investire. Inoltre, non dobbiamo naturalmente dimenticare l'innovazione. A tal proposito, la demografia riveste un ruolo di cruciale
importanza. La popolazione europea è relativamente vecchia. Pertanto, lo sviluppo demografico non rappresenta un fattore di crescita contrariamente a quanto accade in Asia o negli USA. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sull'innovazione la cui base è costituita da risorse umane dotate di un'adeguata formazione. L'attuale crescita si basa in modo eccessivo sull'indebitamento e tale situazione non potrà essere sostenuta.

Ritiene plausibile l'ipotesi di un crollo dell'Eurozona in seguito ai problemi di deficit come prevedono alcuni esperti?
Ritengo assolutamente di no. Al contrario: l'effetto positivo creato dalla crisi è rappresentato dall'acquisita consapevolezza della necessità di una maggiore presenza dell'Europa, non il contrario. La soluzione ai problemi può essere trovata soltanto agendo di concerto e adottando misure condivise. Mi sento ottimista a tale riguardo. Subito dopo l'inizio della crisi, il Presidente della Commissione Barroso ha iniziato a lavorare su regolamentazioni standard e misure coordinate con gli stati membri. Personalmente non saprei decidere sulla necessità di un fondo monetario europeo. Ci siamo resi conto, tuttavia, che occorre una soluzione europea comune indipendentemente dalle sue caratteristiche poiché le misure intraprese dai singoli stati non sortiscono il risultato sperato sul mercato finanziario globalizzato. È un tema importante. E discuterne rappresenta già un fattore positivo. Le banche vengono ritenute le principali responsabili della crisi. In questo momento è necessario mettere a punto regolamentazioni migliori sia per i mercati finanziari che per le banche al fine di impedire un futuro crollo speculativo.

Se spettasse a lei decidere, quali caratteristiche dovrebbe avere questo nuovo sistema di regolamentazioni? I fattori di maggiore rilevanza del settore bancario sono costituiti dalla reputazione e dalla fiducia dei clienti. Entrambi i fattori hanno subito una battuta d'arresto in seguito alla crisi. È necessario in primo luogo ripristinare la reputazione delle banche fornendo un sistema di vigilanza migliore e credibile. Pertanto, l'idea di un'autorità di vigilanza bancaria a livello europeo rappresenta la scelta più opportuna. Ritengo inoltre che l'eventuale discussione sull'argomento a livello di G20 possa essere positiva poiché le nuove regolamentazioni devono trovare applicazione a livello globale. Tutte le banche devono godere delle stesse condizioni concorrenziali a livello internazionale, con la garanzia di un campo equo. Personalmente ritengo che ciò costituisca l'obiettivo più importante.

Si teme che le nuove regolamentazioni saranno adeguati maggiormente ai requisiti USA rispetto ai desideri europei. In qualità di presidente della Federazione bancaria europea nutre gli stessi timori?
Le differenze tra USA ed Europa attengono prevalentemente alla materia contabile. Tramite l'utilizzo dei cosiddetti meccanismi di compensazione, le banche USA sono in grado di ridurre le posizioni speculative in modo effettivo. Naturalmente, è necessario tenere in debita considerazione tali differenze poiché, in caso contrario, si creerà una situazione iniqua. Tale considerazione deve essere tenuta presente anche per quanto concerne il sistema di regolamentazione Basilea III. In merito al sistema di regolamentazione Basilea III: nelle negoziazioni in materia di regolamentazioni sono presenti numerose proposte che comporterebbero un
innalzamento dei requisiti patrimoniali per le banche. Un aumento del coefficiente del capitale pari a un punto percentuale corrisponderebbe a più di 100 miliardi di euro di nuovo capitale in tutta Europa.

Da dove sarà attinto tale aumento di capitale?
Occorre essere molto prudenti quando si affronta questo argomento. I coefficienti del capitale delle banche sono giù aumentati nel corso degli ultimi anni. Non credo che sia necessario disporre di un capitale maggiore, ma di un migliore sistema di vigilanza. Il semplice fatto che un aereo possa schiantarsi contro una montagna non significa necessariamente che dovremmo bandire qualsiasi attività di volo ma che dovremmo migliorare il sistema di controllo del traffico aereo. Ad esempio, potremmo affermare che gli aerei non devono volare a 8.000 metri di altezza ma solo a 12.000 metri. Per conseguire tale obiettivo, in relazione alle banche, non occorre necessariamente disporre di maggiore capitale. Un punto è evidente: se i requisiti patrimoniali vengono innalzati eccessivamente, le banche non sono in grado di concedere finanziamenti nella stessa misura influendo in tal modo negativamente sull'economia. Pertanto, una decisione di questa importanza deve essere accuratamente ponderata.

Per tentare di ridurre gli enormi deficit accumulati, numerosi stati europei hanno preso in considerazione l'introduzione della bank tax analizzando vari modelli. Quali tra questi modelli ritiene possa essere il più adeguato?
Il metodo più efficiente consisterebbe nella raccolta dei proventi ricavati da tale imposta in un fondo di emergenza europeo che potrebbe finanziare le future misure di emergenza per le banche in difficoltà. Tuttavia, un fondo di questo genere richiede un organismo di vigilanza bancaria efficiente e coordinato poiché i paesi dotati di un organismo più debole non devono dipendere da tale fondo. Il modello che prevede una tassazione fissa sul totale dello stato patrimoniale, tuttavia, non rappresenta una soluzione né adeguata né equa. La discussione in Austria si è incentrata esattamente su questo tipo di modello. Il Cancelliere Faymann ha proposto l'introduzione di tale imposta. Va tenuto presente che Vienna è la nostra sede principale per l'Europa centrale e orientale. In caso di tassazione dei nostri asset relativi alla regione CEE in Austria, si creerebbe una situazione evidentemente iniqua. Inoltre, Bank Austria è l'unica tra le principali banche austriache a non aver richiesto gli aiuti di stato. Tuttavia, siamo fiduciosi che il governo austriaco troverà una soluzione equa.

Se tale imposta sarà introdotta potreste trasferire la vostra sede principale a Bratislava, a quaranta chilometri di distanza. Ritiene possa essere un'opzione praticabile?
Ribadisco quanto ho già espresso: la tassazione sul totale dello stato patrimoniale non sarebbe una soluzione equa. E non ritengo che il governo austriaco approverà una regolamentazione iniqua. Che cosa ne pensa dei risultati economici di Bank Austria e come valuta la situazione della regione CEE? Sono molto soddisfatto. Naturalmente, esistono sempre margini di miglioramento, ma Bank Austria ha conquistato una posizione eccellente sia in Austria che in Europa orientale. La regione CEE, in modo particolare, rappresenta un solido supporto per il nostro gruppo.

Un anno fa molti osservatori preannunciarono un crollo dell'Europa orientale. E cosa accadde?
L'Europa orientale è ancora in piedi. E ne sono lieto: abbiamo sempre affermato che questa regione costituisce un importante fattore di crescita per il nostro gruppo e ne abbiamo avuto la prova. Nei prossimi anni si prevede che la regione CEE farà registrare tassi di crescita record pari al 4%, due volte superiori rispetto all'Europa occidentale. Naturalmente, tale sviluppo sarà vantaggioso per noi.

Sono in programma ulteriori acquisizioni nella regione? No, la nostra priorità è la crescita organica. Avete priorità e programmi precisi?
Certo. Uno dei nostri obiettivi consiste nell'apertura di sessanta filiali in Turchia e nel rafforzamento della nostra posizione sul mercato retail della Repubblica Ceca. In Russia, stiamo lavorando alla nostra espansione e procederemo all'apertura di nuove filiali. In questo paese il gruppo vanta già più di un milione di clienti. In generale, tuttavia, il nostro obiettivo consiste nel crescere in tutta la regione.

Provando a immaginare il futuro da qui a cinque – dieci anni: come cambierà il settore bancario in seguito alla crisi finanziaria?
Forse è soltanto un mio desiderio, ma ritengo che l'Europa sarà maggiormente presente. Si assisterà a un rafforzamento e a una standardizzazione del sistema di vigilanza a livello UE. L'intero sistema sarà più stabile. Per quanto concerne le singole banche, si assisterà a una polarizzazione. Esisteranno banche locali estremamente forti e gruppi internazionali più grandi. Le banche locali rivestiranno una posizione centrale poiché saranno maggiormente a contatto con i clienti, le comunità locali e le regioni. Gli operatori globali, dall'altro lato, saranno in grado di sostenere le attività dei gruppi internazionali grazie alle proprie dimensioni. Il nostro gruppo, che rappresenta sia una realtà globale che locale, acquisirà una posizione di maggiore forza.

Cambierà anche l'attività bancaria?
Rispetto al periodo prima della crisi, quando l'attività bancaria si è concentrata sul profitto a breve termine, ritengo che ci saranno dei cambiamenti. Credo che le quattro parole chiave per il futuro dell'attività bancaria siano: attenzione al cliente, semplicità, trasparenza e integrità. Poiché è l'integrità che crea la fiducia necessaria per instaurare relazioni bancarie a lungo termine.

Infine, l'equilibrio dei poteri tra Asia, USA ed Europa si sposterà nel corso dei prossimi decenni?
Ritengo che l'Europa dovrà affrontare maggiori difficoltà rispetto a USA e Asia. Gli USA rappresentano un mercato comune. L'Europa fino ad oggi non lo è diventato. Questo aspetto costituisce un punto chiave. Inoltre, la popolazione USA è ancora in fase di crescita. Ritengo che la demografia rappresenti un fattore di cruciale importanza. I consumi e la propensione al risparmio differiscono in base alla situazione demografica di una società. E a tal proposito, l'Europa si trova in una situazione più svantaggiata. Dobbiamo pertanto dar prova di un maggiore
impegno. Non ha alcun senso addossare le colpe agli altri. Lamentarsi non serve a nulla. Dobbiamo lottare per conquistare il successo.