Home Attualità Città Giardino: ruspe e cemento a ridosso delle Balze

Città Giardino: ruspe e cemento a ridosso delle Balze

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AREZZO – <<Uno stravolgimento territoriale di portata mastodontica: è così che si può definire l’avvio dei lavori che interesseranno l’area immediatamente a ridosso delle Balze e porteranno alla costruzione dell’enorme lottizzazione denominata ”Città Giardino” che, definita come “area strategica per lo sviluppo del capoluogo e delle sue attività”, rappresenta invece un assalto senza precedenti al territorio delle Balze.
Nei prossimi 10/13 anni, circa 16 ettari di territorio rurale che si protrae fino al confine della suggestiva area protetta de “Le Balze”, attualmente coltivati a vite e che fanno da contorno alla storica casa leopoldina di “Poggio Bracciolini”, verranno spianati per realizzare circa 400 nuove unità immobiliari che andranno ad ospitare tra 1000 e 1500 nuovi abitanti: un numero di appartamenti eccessivo per un periodo di crisi edilizia come questo. Ettari di territorio che verranno sacrificati per costruire abitazioni che potrebbero in parte restare vuote e andare in decadimento solo per attuare le previsioni del Regolamento Urbanistico vigente.
Ci riesce difficile immaginare che il progetto possa “unire caratteristiche di modernità al rispetto dell’identità dei luoghi” visto che si parla di zone da sempre a vocazione agricola contro una lottizzazione moderna che, anche se ben dotata di verde pubblico e di due “belvedere”, non potrà mai compensare la perdita di suolo e di funzionalità ecologica che l’area agricola attualmente riveste facendo da cuscinetto tra il centro abitato attuale e l’area protetta, con la conseguente perdita di biodiversità.
Infatti, uno degli obiettivi principali degli interventi di pianificazione, secondo le linee guida del Piano Strutturale, riportate anche nella Relazione di Valutazione Iniziale è la “salvaguardia e valorizzazione del patrimonio ambientale e paesaggistico mediante interventi di manutenzione, ripristino dei caratteri naturali, promozione delle qualità esistenti, come requisito fondamentale per uno sviluppo sostenibile”, disposizione che non sembra essere tenuta minimamente in considerazione dall’Amministrazione, che al contrario ha scelto di cementificare una bella porzione di territorio rurale anziché valorizzare e promuovere la sua attuale vocazione.
Uno sviluppo che sarà pagato a duro prezzo dal territorio terranuovese, già martoriato da attività antropiche di elevato impatto ambientale, come la discarica di Podere Rota che desta forti e giustificate preoccupazioni nei cittadini o per le numerose cave che hanno irrimediabilmente trasformato e in certi casi devastato il paesaggio. Ciò nonostante, mentre in tanti piccoli centri, amministratori lungimiranti si impegnano a preservare il territorio recuperando aree dismesse al fine di ridurre lo sfrenato consumo di suolo, a Terranuova, l’Amministrazione, attraverso il Regolamento Urbanistico, ha preferito agire in modo opposto, dando il via libera al la costruzione di nuove aree urbane anziché incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente.
Nonostante la buona volontà e le nuove tecniche costruttive, ci domandiamo come sia possibile “ottenere una drastica riduzione delle varie forme di impatto ambientale: quello estetico – visivo, quello acustico” per non parlare dell’aumento dell’inquinamento atmosferico legato al traffico veicolare, trattandosi di una lottizzazione che coprirà una superficie di estensione doppia rispetto a quella dell’attuale centro storico.

Ci sembra quindi totalmente fuori luogo affermare che si tratti di un progetto urbanistico che “guarda al domani, dove pubblico e privato hanno costruito una sinergia nell'interesse generale”, ma bensì di un progetto che non si occupa di preservare il territorio per le future generazioni e ben lungi dall’operare nell’interesse pubblico, quanto, casomai, soddisfare le sempre più ingiustificate pressioni della lobby cementificatoria.
Inoltre è da sottolineare il fatto che i cittadini non siano stati coinvolti in una scelta urbanistica di così grande portata, al contrario di quanto previsto dalla legge regionale n. 69/2007 sulla democrazia partecipativa, perché l’Amministrazione ritiene che la legge “si riferisce essenzialmente ai programmi regionali e alle opere pubbliche di interesse regionale e locale senza entrare nel merito degli atti di pianificazione e di governo”, sostenendo assurdamente che una lottizzazione di tali dimensioni non sia un’opera pubblica di interesse locale.
Desta ulteriore sconcerto apprendere che la documentazione riguardante il progetto di lottizzazione “è stata inviata alle associazioni ambientaliste (WWF Valdarno Superiore e Lega ambiente con nota del 18.04.08 prot. 7717) come prescritto alla lettera dell’art. 12 del Regolamento Regionale” per il semplice fatto che la sezione WWF Valdarno non esiste più da anni ed attualmente è l’Associazione WWF Arezzo che copre il territorio provinciale e che non è stata informata del progetto di lottizzazione da parte dell’Amministrazione.>>

Associazione WWF Arezzo
Gruppo LIPU Arezzo