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Ex Lebole: Lettera aperta del Sindaco Giuseppe Fanfani

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Ex Lebole: Lettera aperta del Sindaco Giuseppe Fanfani
Giuseppe Fanfani

Arezzo -«La discussione sul futuro dell’area ex Lebole conferma che tutti hanno chiaro il valore della posta in gioco. Gli angoli di osservazione sono, naturalmente, diversi. Dal mio vedo l’irrinunciabile occasione di trasformare un’area di grande valore simbolico e di ancor più grande valore strategico per il futuro della città.
La sua rinascita deve consentire ad Arezzo di conservare la sua memoria industriale e sociale (perché tale è la Lebole con le migliaia di donne che vi hanno lavorato) e di disegnare e costruire una nuova area che possa essere il segno tangibile di una città moderna, attenta agli equilibri sociali ed economici ma non paralizzata da essi. Anzi: lo sforzo deve essere quello di realizzarne di più avanzati, in una prospettiva di crescita e di sviluppo e non di semplice conservazione dell’esistente. Sempre, ma soprattutto in tempi di crisi, rimanere fermi vuol dire tornare indietro.
Nella consapevolezza dell’importanza di questi temi, ha convocato i rappresentanti delle categorie economiche e dei sindacati. Ho più e più volte discusso con tutti loro. Riconosco ad ognuno il diritto legittimo di rappresentare interessi settoriali, attribuendo a questa definizione un significato positivo nella consapevolezza che dal loro confronto e dalla loro mediazione può scaturire la soluzione più avanzata.
Chiedo, contemporaneamente, che mi venga altrettanto legittimamente riconosciuto il diritto di esercitare il mio ruolo di Sindaco. Quindi il diritto – dovere di essere imparziale e di avere quale esclusivo riferimento l’interesse della città che va ben oltre i legittimi e rispettabili interessi settoriali.
Un dovere che sono chiamato ad esercitare in questa vicenda perché siamo di fronte ad un’unica e forse irripetibile occasione nel breve e medio periodo che non può essere contrastata e tanto meno abbandonata senza validi e certi motivi.
Da 10 anni l’area Lebole è deserta. E’ un’indecorosa testimonianza di abbandono all’ingresso della città. Nel 2006, quando ormai la fabbrica era chiusa dal 2002, non esisteva alcun progetto di recupero: un intero quinquennio perduto da quegli stessi che oggi parlano di “speculazione”. E che dimenticano che l’area era un capitolo di “variantopoli”, essendo stata ricompressa nel capo della imputazione in quel processo a carico di amministratori, del quale ognuno conosce l’esito infausto per la vita democratico e l’immagine della nostra città.
Questa situazione, assieme all’abbandono in cui era stato tenuto il piano strutturale dal dicembre 2003 al febbraio 2006, ha ritardato e non poco l’iter burocratico di recupero dell’area, senza che nessuno dei politici di maggior peso -parlamentari e consiglieri regionali – che avevano il dovere di controllare, avesse avuto il coraggio o il buon gusto di far cessare quella sciagurata politica.

Oggi, con grande fatica, abbiamo affrontato i problemi dell’area e siamo giunti ad una definizione urbanistica che ne consentirà il recupero entro breve periodo assieme alla vicina area UnoAerre. Abbiamo finalmente trovato un imprenditore disposto ad investire, e posso garantire che è l’unico ad oggi che ha dimostrato concretezza di idee, voglia di fare e disponibilità finanziarie adeguate.
Il progetto presentato è di grande qualità e contribuirà a dare di Arezzo un’immagine di città dinamica, moderna e proiettata nel futuro.
A confrontarsi su questo progetto di recupero invito l’intera città, quella che vuol fare e vuol crescere, che non ritiene chiuso il suo compito con l’affermazione di un semplice no. Siamo di fronte ad un investimento da circa 150 milioni di euro che in questo momento di difficoltà economica può garantire crescita a vari settori, in primis a quello edile, ed occupazione per almeno un decennio.
Questo è l’interesse primario della città con il quale tutti sono chiamati a confrontare i propri legittimi interessi particolari.
Chi non comprende quanto grande sia questa opportunità e quanto sia irripetibile, nel breve e medio periodo non ha evidentemente chiaro quanto grande sia la difficoltà nella quale attualmente Arezzo si dibatte.
A fronte di questa prospettiva, il tema della superficie commerciale è importante ma non certamente l’unico. Le sue quantità vanno analizzate nel contesto dell’operazione e valutate nella loro complessità in funzione dell’equilibrio finanziario possibile e dell’interesse della intera città.
La definizione del progetto è nella sua fase iniziale ed io continuerò la discussione con tutta quella città che vuole discutere senza porre dinieghi aprioristici e soprattutto valutando positivamente l’impegno di chi ritiene di doversi impegnare. Non credo che nemmeno le superfici da destinare a commerciale, per quanto fattore non irrilevante all’equilibrio della operazione, siano condizionanti potendo su di esse discutere in modo sereno e propositivo.
Il mio obiettivo è quello di creare una nuova parte di Arezzo, moderna, nella quale tutte le funzioni proprie di una città trovino collocazione, senza sacrificare alcuno, senza penalizzare il centro storico e favorendo al massimo la imprenditoria locale.
Non vorrei che conflittualità “interne” finiscano per favorire imprenditori o gruppi della grande distribuzione straniera che drenerebbero risorse ad Arezzo per reinvestirle altrove. A questo proposito ringrazio quegli imprenditori (Butali, Giannetti. MonnaLisa, Koinè ed altri) che, a fronte di una opportunità di questo tipo, si sono fatti avanti per concorrere con loro investimenti a consentire la fattibilità della operazione.
La discussione è aperta a chi vorrà affrontarla in maniera concreta. E’ aperta a coloro che amano la città e che sono disponibili a discutere, ed è aperta a tutti tenendo presente che nulla è ancora deciso, e che tutto dovrà essere costruito con un confronto serio che abbia come obiettivo unico l’interesse complessivo della città di Arezzo.
Ovviamente ritengo mio imprescindibile dovere arrivare ad una sintesi e quindi ad una scelta che sarà il frutto della mia responsabilità e del mio ruolo nonché del confronto istituzionale in Consiglio Comunale.»

Giuseppe Fanfani