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In Siria sempre più donne con il velo

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In Siria sempre più donne con il velo

DAMASCO – "Cammino per le strade senza avere paura degli uomini che mi circondano, ho anche trovato il coraggio di dire alla gente che sta sbagliando". Umm Muhammad è una 40enne di Damasco e spiega con queste parole il perché del velo integrale che ha deciso di indossare in pubblico. Un fenomeno raro nella laicissima Siria, governata con il pugno di ferro dal partito secolare Baath e da sempre esempio di convinvenza tra religioni. Qui le donne non esitano ad andare in giro con il capo svelato, cristiane o musulmane che siano, o al massimo con il hijab, che copre testa e collo, lasciando scoperto il viso. Ma il niqab, il lungo velo nero che lascia scoperti solo gli occhi, insieme al velo nero che copre totalmente il volto, sembra aver guadagnato posizioni negli ultimi anni, insieme a fenomeni tutti siriani, come quello delle predicatrici di stampo conservatore. Basta guardarsi in giro per strada, a Damasco, a Latakia, ma soprattutto ad Aleppo, nel nord del paese, città tradizionalmente più consevatrice. Sul fenomeno non ci sono cifre ufficiali, il governo si guarda bene dal diffondere dati che potrebbero mettere in discussione l'impianto laico dello stato.
E di certo, in gran parte, le donne con il niqab non sono siriane, ma profughe irachene sciite, che abitano nei numerosi campi ai margini delle città, o iraniane. E non mancano le turche, che in patria non potrebbero studiare con il velo integrale, per il rigido divieto imposto dalla costituzione del loro paese. Ma un campanello d'allarme sul fenomeno è suonato nelle scorse settimane, quando circa 1200 insegnanti sono state rimosse dall'incarico perché indossano il niqab. Anche in questo caso il governo ha agito con discrezione, senza diffondere circolari scritte o annunciare ufficialmente il provvedimento. Il fatto è emerso quando un numero crescente di insegnanti ha denunciato ad alcune ong un improvviso trasferimento in uffici municipali.
E di fronte alle islamiche più esigenti in fatto di moda, i magazzini Harrods hanno deciso di cambiare target e campionario con l'offerta (accolta con successo dalla clientela araba) di una linea di 'abaya' extra lusso, che da pochi giorni ha fatto l'apparizione nelle vetrine londinesi, che attraggono ogni anno circa 15 milioni di clienti.
La linea di abaya Das è opera della giovane stilista Hind Beljafla, che ha arricchito di ricami, cristalli, e persino inserti metallici il lungo camice nero sempre più diffuso nel mondo musulmano. L'obiettivo della Das è quello di conquistare la clientela femminile più esigente, disposta a spendere almeno 5mila dollari per un capo esclusivo. "In poche settimane la linea Das ha venduto bene e ha suscitato molto interesse presso i nostri clienti" ha spiegato a Bloomberg Helen David, responsabile abbigliamento femminile di Harrods. D'altra parte già da anni le islamiche più esigenti sono solite 'personalizzare' le loro abaya ispirandosi ai trend della moda della stagione ma anche abbinandole agli accessori di haute-couture di cui sono appassionate (dagli abiti più tradizionali non è difficile veder spuntare arditi tacchi a spillo). Secondo uno studio condotto a Dubai dalla French Fashion University Esmod , il settore della moda islamica ha un fatturato potenziale di 96 miliardi di dollari, che ha stimolato l'appetito di famose case di moda come Hermes o Gucci che hanno lanciato per le loro clienti più tradizionaliste esclusive collezioni di veli haute-couture. Un'iniziativa che segue lo show di abaya di grandi stilisti proposto nel 2009 da Saks, con pezzi firmati da John Galliano e Jean-Claude Jitrois, andati poi in vendita nei negozi sauditi della catena con prezzi fino a 12 mila dollari l'uno.

Articlolo scritto da: Adnkronos