Home Nazionale Stenta la ripresa, Pil fermo all’1,3% nel 2011

Stenta la ripresa, Pil fermo all’1,3% nel 2011

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Roma – (Adnkronos) – La ripresa italiana "perde slancio" dopo l'accelerazione superiore alle attese nella prima metà dell'anno. Se il Pil 2010 salirà dell'1,2%, quello previsto per il 2011 crescerà dell'1,3% invece che dell'1,6%, lo 0,3% in meno di quanto previsto nelle stime di giugno scorso.
A rivedere al ribasso le stime per il prossimo anno è il Centro Studi di Confindustria presentando il tradizionale report sui prossimi scenari economici. Si tratta di una decelerazione che alla fine del biennio porterà al 3,7% il minor prodotto da recuperare allungando al 2013 i tempi per rimettere al passo l'Italia con i ritmi di crescita pre-crisi del 2007. "E' più di un'impressione che ci sia stata una perdita permanente di attività e domanda", dice ancora il Csc.
L'occupazione continuerà a scendere nei prossimi mesi e un recupero di posti di lavoro non si potrà avere prima dell'anno prossimo. Il 2010, infatti, si chiuderà con un -1,8% di unità di lavoro mentre per il 2011 si profila un 0,4% di Ula. La stima è del Centro studi di Confindustria nel suo report autunnale. "La creazione di posti di lavoro si rafforzerà progressivamente nel 2011, ma anche allora la variazione netta dell'occupazione sarà negativa a causa degli esuberi rimandati grazie al ricorso alla Cig durante la crisi. A frenare la risalita dell'occupazione contribuiranno inoltre frizioni nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro", si legge ancora. "Ma non si tratta di un deragliamento", spiega Luca Paolazzi, direttore del Centro Studi. La revisione al ribasso è da attribuire, per Confindustria, a vari fattori. Primo, il rallentamento della crescita globale previsto per la parte finale dell'anno in corso e per quella iniziale del prossimo. Secondo, la significativa e inattesa decelerazione dell'economia statunitense dove, all'aumento molto meno robusto del previsto nel secondo trimestre, si preannuncia una dinamica molto fiacca nei prossimi due trimestri, anche per le conseguenze della fine degli incentivi, specie nel settore immobiliare, e della fragilità dei bilanci delle famiglie. Terzo, la conseguente risalita dell'euro, cui aveva inizialmente contribuito anche il parziale rientro dei timori sui debiti sovrani innescati dalla crisi greca e che avevano raggiunto l'acme tra aprile e maggio. Infine, la stabilizzazione della fiducia delle famiglie e delle imprese su valori coerenti con una domanda di consumi e investimenti ancora debole.

Articlolo scritto da: Adnkronos