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Talpe Palermo, 7 anni in appello a Cuffaro

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PALERMO – La Corte d'appello di Palermo ha condannato a 7 anni di carcere, 2 in più del primo grado, l'ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, attualmente senatore Udc, riconoscendo all'imputato l'aggravante chiesta dalla Procura Generale. La sentenza è stata emessa all'aula bunker del carcere Guagliarelli di Palermo nel processo alle cosiddette 'talpe' della Dda di Palermo.
Secondo la Corte d'Appello di Palermo Cuffaro avrebbe agevolato Cosa Nostra. I giudici hanno infatti aggravato il reato, così come chiesto dalla Procura Generale, da favoreggiamento a favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, elevando la pena da 5 a 7 anni.
''So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia – ha commentato Cuffaro -. Avverto, da cittadino, la pesantezza di questa sentenza che, però, non modifica il mio percorso politico''. ''Ciò non vuol dire – ha concluso – che le sentenze non debbano essere rispettate dal momento che sono espresse dalle istituzioni''.
"So di non aver mai voluto favorire la mafia e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto – ribadisce -. Prendo atto però della sentenza della Corte di Appello. In conseguenza di ciò – annuncia – lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia". Il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa afferma in una nota: ''Le dimissioni di Cuffaro da ogni incarico di partito sono sul piano politico più eloquenti di ogni nostra parola. Sul piano personale – aggiunge – è per noi il momento dell'affetto e della vicinanza a lui e alla sua famiglia''.
Soddisfatto della sentenza il pg di Palermo Daniela Giglio. "Stando al dispositivo della sentenza le nostre richieste sono state accolte tutte – ha osservato -. Il processo contiene in se tutte le prove dei reati ascritti agli imputati". "La Corte – ha aggiunto – ha rivalutato tutto il materiale processuale con una ulteriore meditazione che è proprio l'essenza del secondo grado processuale".
La sentenza "conferma il nostro impianto accusatorio del processo di primo grado", dice all'ADNKRONOS il magistrato Maurizo de Lucia, che in primo grado rappresentò con il collega Michele Prestipino, l'accusa del processo alle 'talpe' alla Dda. "Noi abbiamo sempre chiesto l'aggravante – ha spiegato – e oggi trova conferma il nostro impianto accusatorio".
La Corte d'Appello di Palermo ha aggravato anche le condanne al maresciallo dei carabinieri Giorgio Riolo e all'ex re della sanità siciliana Michele Aiello. A Riolo, che in primo grado era stato condannato a 7 anni, i giudici hanno riconosciuto il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, condannandolo a 8 anni di carcere; Michele Aiello, condannato in primo grado a 14 anni, è stato condannato a 15 anni e 6 mesi. E' stato invece dichiarato estinto il reato per Adriana La Barbera, morta pochi mesi fa.
Per il resto, i giudici della terza Sezione penale della Corte d'Appello, presieduta da Giancarlo Trizzino hanno confermato le pene di primo grado: Lorenzo Iannì, 4 anni e mezzo; Aldo Carcione, 4 anni e mezzo; Giacomo Venezia 3 anni; Angelo Calaciura 2 anni, Roberto Rotondo 1 anno; Salvatore Prestigiacomo, Michele Giambruno 9 mesi; sei mesi ad Antonina Buttitta. Confemate anche le pene alle due società Diagnistoca per Immagini e Atm: rispettivamente a 600 mila euro e a 400 mila euro di pagamento. La sentenza di oggi è stata emessa dopo 24 ore di camera di consiglio.

Articlolo scritto da: Adnkronos