Home Cultura e Eventi Cultura Un pubblico numeroso e variegato accoglie Barbara Alberti nella nostra

Un pubblico numeroso e variegato accoglie Barbara Alberti nella nostra

0
Un pubblico numeroso e variegato accoglie Barbara Alberti nella nostra

Arezzo – Un pubblico numeroso (oltre duecento persone) e variegato ha accolto con un lungo applauso sabato pomeriggio Barbara Alberti ospite nella nostra città nello splendido scenario dell’Auditorium del Museo d’Arte Medioevale e Moderna, in occasione del quarto appuntamento invernale della rassegna letteraria e non solo “Il Giardino delle Idee” promossa dall’associazione La Fabbrica delle Idee con il patrocinio di Provincia e Camera di Commercio di Arezzo, il contributo di Coingas SpA e la collaborazione della Soprintendenza ai beni architettonici e Paesaggistici di Arezzo.

Al termine dell’incontro, durante il quale, a cent’anni dalla morte, si è ricordata la figura di Lev Tolstoj scrittore, filosofo ed esegeta russo, presentando il nuovo romanzo della Alberti dal titolo “Sonata a Tolstoj”, sono state poste all’autrice alcune domande sul tema della condizione della donna.

“Che cosa è che rende vecchia?” ha esordito la giornalista Antonella di Tommaso.
Cercare di nasconderlo.

Quando ero piccola “vecchia” non era ancora un insulto.
Papà e mamma a 40 anni si facevano chiamare da noi “il vecchio” e “la vecchia”, che voleva dire i capitribù, quelli che stavano in prima linea, con una sfumatura giocosa che continuo a sentire in questa parola.
“Le rughe sono lo specchio delle donne?” ha aggiunto Dory d’Anzeo
Sì ma a volte ingannevole, come tutti gli specchi.
Le rughe possono disegnare un grugno sinistro a chi ha amato il mondo, e a un vecchio manigoldo una faccia da santo.
Con me però la natura è stata onesta, mi riconosco.
Nella mia faccia si vedono i milioni di risate i milioni di pianti , il vizio del fumo, infinite rughe intorno alle labbra, l’aver preferito all’estetista altre perdizioni più emozionanti e si vede, perché sembro un dattero secco anche per le nuotate sterminate sotto il sole credendomi Robinson, l’imprudenza, l’ottusità di un ottimismo irresponsabile che mi abbandona solo quando scrivo, e perdo la mia identità ovvero sono meno stupida.

E poi chi non ha ancora le rughe crede che si tratti di uno stato perenne, ma non è vero.
Mica le hai tutto il giorno.
Te ne ricordi d’un tratto se incontri uno specchio o uno sguardo malevolo, il resto è come nei sogni.
Un turbine di incarnazioni, brutte, medie, belle.
“Perché le donne si sono rimbecillite al punto di assumere tratti mostruosi?” ha voluto chiedere simpaticamente il bravo e pungente Francesco Maria Rossi
Mica solo le donne.
Gli umani di qualsiasi sesso si fanno raggirare, si consegnano a una credulità suicida.
Una gigantesca Wanna Marchi ci circonda e ci dirige.

Quattro, cinque generazioni nate davanti alla pubblicità, un genocidio dell’immaginazione, del pensiero, del sogno.

Morte del libero arbitrio, della capacità di rivolta per incapacità di visione.

Tutti gli stimoli vengono dall’esterno.

Si stacca il contatto con l’unica persona su cui dovremmo poter contare sempre, noi stessi. Schiavi e tristi.

Con una sopportazione autolesionista da capanna dello zio Tom.

Che abbia ragione Dostoevskij nei Karamazov ne “La leggenda del grande Inquisitore” quando dice che gli umani vogliono solo obbedire e inginocchiarsi in gruppo?

“E gli uomini? Li trova per così dire infighettiti?” ha domandato ancora Antonella di Tommaso

No li trovo drammatici.

Più delle donne lontani da sé, incapaci di reagire, conformisti per terrore.

Difatti se ne compare uno disobbediente e spiritoso ovvero che sappia ridere anche di sé, se lo contendono in cinquanta.

A qualcuna piacciono i soldi, ma il coraggio piace molto di più.

“Si può ancora trovare la bellezza in mezzo alle strade?” ha aggiunto Dory d’Anzeo

Le strade sono piene di bellezza.

Molto più della TV dove vogliono imporre il modello d’ordinanza, con attributi femminili così esagerati da cancellare la femminilità.

“Cosa non Le piace di Lei?” ha chiesto Francesco Maria Rossi

Che sono sempre molto lontana dall’idea che ho di me.

Brechtianamente, “della inadeguatezza degli sforzi umani”.

Ma è anche una grande spinta: la speranza di riuscire a educare almeno un po’ questo mezzo cretino che mi è toccato in sorte, me stessa- verso il quale ho poca indulgenza ma tanta pazienza, sempre sperando che migliori.

Fisicamente parecchie cose, se ci penso.

Ma ci penso poco, ho una spensieratezza da oca.

Mi tratto come una vecchia macchina sportiva, qui c’è un bozzo, lì è scrostato, le ruote sono lisce, gli sportelli potrebbero staccarsi da un momento all’altro..ma via, in strada!

Secondo il mio modello che non è Ivana Trump ma il suonatore Jones di Spoon River “Che giocò con la vita per tutti i novant’anni, fronteggiando il nevischio a petto nudo, bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti, né al denaro né all’amore né al cielo.

“Lo sguardo di una donna può invecchiare?” ha ribadito Antonella di Tommaso

Certo, come quello di un gatto.

Di chiunque abbia occhi e un’anima per spegnerli e accenderli.

“Siamo figli del Diavolo o di Lilith?” ha concluso Francesco Maria Rossi

Di entrambi e di altri dèmoni di sesso indefinibile e mutante, come nella mitologia induista, dove trapassano da un genere all’altro e si fanno maschi e femmine ed ermafroditi ma anche elefanti scimmie e serpenti con leggerezza, volando, di cui mai sapremo i nomi e il numero.

Le copie del libro “Sonata a Tolstoj” poste in vendita sono andate esaurite in pochi minuti.

Un pubblico rispettoso, affettuoso ed entusiasta si è messo in fila per poter parlare qualche minuto con l’autrice facendo autografare la propria copia.

Dal canto suo la signora Alberti è apparsa donna elegante, gentile e molto simpatica.

Uno spettatore ha voluto chiedere “che cosa è per Lei un sorriso?”

”È un dono di Dio. O c’è o non c’è” ha risposto la Alberti “mi fa pensare a Nicolaj Gogol, scrittore e umorista immenso, autore di capolavori come “Il cappotto”, “Il naso”, “Le anime morte”, che nei propri scritti finì per vedere “i lacci del demonio” e si mise in testa che la missione del suo talento fosse di educare, non di far ridere- e pubblicò i passi scelti dalla corrispondenza con gli amici, così noioso e bigotto che non piacque nemmeno ai bigotti. E per avere rinnegato la sua visione divinamente satirica, per sforzarsi di scrivere cose edificanti e solenni, morì di noia a 43 anni”.

In conclusione, durante il momento conviviale offerto dall’associazione La Fabbrica delle Idee a tutto il pubblico presente, la signora Alberti, tornando alla lettura, ha voluto ribadire quale nesso ci possa essere tra un buon libro e il sorriso interiore.

“Un nesso profondo. Il sorriso interiore non riguarda necessariamente l’umorismo: anche se stiamo leggendo una tragedia, quando la scrittura è grande è sempre una meravigliosa consolazione dello spirito. I grandi pessimisti aumentano la mia voglia di vivere. Leopardi per esempio, il suo argomento è l’orrore della condizione umana, eppure ci esalta, ci sospinge. Il nesso è la bellezza”.