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Grazia Sestini su Ex area Lebole.

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Grazia Sestini su Ex area Lebole.

Arezzo – Come può questa amministrazione guidata dal sindaco Fanfani, che ha impiegato più di quattro anni per redigere un regolamento urbanistico farraginoso, incomprensibile per gli stessi addetti ai lavori e in qualche passaggio contraddittorio, che ad oggi non ha ancora evaso le oltre tremila osservazioni, pretendere di chiudere, a qualche mese dalle elezioni amministrative, la partita sull’ex area Lebole dalla quale, in parte, dipende lo sviluppo futuro di questa città che, nel giro di un quinquennio è retrocessa di decine di posizioni? E’ evidente che questo Regolamento urbanistico, così come concepito, non è uno strumento, ma un ostacolo. Ed lecito domandarselo, incalza la Sestini, ma è altrettanto doveroso ricordare al sindaco Fanfani che l’ex area Lebole unitamente all’area dell’UnoAErre, alla Cadorna, al nodo di Olmo e all’area di Molin Bianco dovrebbero far parte di una visione unitaria di città così come dovrebbe prevedere un corretto piano strutturale.
Bene ha fatto il presidente Tricca a richiamare l’attenzione e a puntare l’indice sul nocciolo della questione: Arezzo non ha bisogno di grandi opere l’una slegata dall’altra; la città ha bisogno di una visione complessiva il cui sviluppo futuro non può prescindere dal considerare l’esistente e per esistente si deve intendere, soprattutto, le persone, le loro capacità, i loro bisogni, la voglia di mettersi insieme per rispondere. In questi anni si è ascoltato soltanto chi tesseva le lodi del Sindaco scrittore, ma ci si è domandati che Arezzo ha professionisti, operatori culturali, imprenditori, operai, famiglie, associazioni di volontariato che hanno il diritto di ma soprattutto la capacità di contribuire a disegnare il futuro.
Insomma, non è più tempo delle classiche cattedrali nel deserto su cui apporre targhe di merito, ma un piano complessivo che sappia armonizzare, con i giusti equilibri, le molteplici necessità di tutti gli attori. Insomma, conclude Sestini, la posta in gioco è alta e di certo la questione non può essere liquidata con questa fretta anche perché, fino ad ora, l’amministrazione Fanfani ha dato voce ed ha sposato il punto di vista di una sola parte. Non è questo il modo di procedere soprattutto quando le scelte interessano il futuro di una intera collettività. Quindi, ben venga, come ha sollecitato Tricca, un tavolo tecnico di coordinamento. Ed i tavoli vanno bene quando sono di legno buono, e Tricca è una garanzia, ma soprattutto quando chi vi si siede ha volontà e capacità di decidere e fare scelte che guardino all’interesse generale, di stabilire tempi certi e disponibilità a reperire risorse senza cappello in mano, ma con piglio imprenditoriale.