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I nostri boschi non possono diventare giardini

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I nostri boschi non possono diventare giardini

Nella mattinata di venerdì scorso, la sala dei Grandi della Provincia di Arezzo ha ospitato il convegno dal titolo “Foreste e gestione forestale: tra cambiamenti globali e politiche locali”. In prima fila a livello organizzativo, la stessa amministrazione provinciale in collaborazione con la Regione Toscana. Ai lavori, molto importanti per il futuro delle superfici boschive, hanno partecipato il presidente e l’assessore alle Attività Produttive della Provincia di Arezzo, rispettivamente Roberto Vasai e Andrea Cutini; il presidente della Camera di Commercio, Giovanni Tricca e l’assessore regionale toscano Gianni Salvadori, al quale sono state affidate le conclusioni. Molto interessante, dopo le relazioni iniziali, la tavola rotonda moderata dal dottor Stefano Boncompagni, dirigente del servizio Agricoltura della Provincia di Arezzo e alla quale ha partecipato fra gli altri il presidente nazionale della Federazione Legno Arredo di Confartigianato Imprese, Domenico Gambacci, che è stato autore di uno fra gli interventi più sostanziosi in qualità di unico esponente della parte imprenditoriale. Gambacci ha visto positivamente l’aumento della superficie boschiva, che sull’intero territorio nazionale è passata dal 22% del 1980 al 36% di oggi e – per far capire l’importanza che il legno riveste per le aziende del comparto – si è servito di apposite tabelle per evidenziare che l’Italia è il primo importatore europeo dei seguenti prodotti: segati di conifere, segati di latifoglie, legno di pioppo e legno lamellare. Sempre l’Italia, è anche il primo importatore mondiale di legna da ardere e il secondo europeo per pannelli a base di legno. “Credo che questi numeri – ha dichiarato Gambacci – siano assai significativi e nemmeno la provincia di Arezzo sfugge purtroppo da un contesto generale nel quale si assiste a un declino della cosiddetta “prima lavorazione”. Il fenomeno ha portato alla delocalizzazione di queste lavorazioni all’estero. La Toscana, che vanta una fra le maggiori superfici boschive, non può non tener conto – nei suoi progetti di forestazione – di quelle che sono le esigenze del mondo economico, attuando anche delle coltivazioni intensive di piante che possono essere usate dalle nostre aziende, come già fatto in tal senso da regioni quali Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige ed Emilia Romagna. Molte aziende, specializzate appunto nella “prima lavorazione” (alludo a quelle di boscaioli e alle segherie) e ubicate soprattutto in Casentino e Valtiberina, sono andate in chiusura proprio perché le medesime non sono state mai messe in rete con coloro che sono i fruitori del maggior prodotto del bosco, ossia il legno con riferimento a falegnamerie e mobilifici. Di fatto, si è verificato un vero scollamento nel sistema: il legame fra le produzione di legname e il suo utilizzo non è stato concertato in termini di commercializzazione e strategie di lavoro e produzione”. Gambacci ha inviato un messaggio ben preciso alla politica, dichiarando: “I nostri boschi non possono diventare giardini, ma la gestione del bosco deve essere concordata fra le aziende forestali e le imprese utilizzatrici, perché – ricordiamolo – la gestione del bosco con carattere di sostenibilità è una risorsa preziosa per il paese; altresì importante, però, è senza dubbio anche la componente economica. Bisogna tenere in considerazione il rapporto domanda-offerta anche in tema di qualità; per le nostre imprese, che in provincia di Arezzo sono migliaia, sarebbe fondamentale offrire un mobile non solamente realizzato in Italia, ma anche prodotto con legnami italiani, dei quali si ha la certezza della qualità. Ciò porterebbe oltretutto minori costi all’approvigionamento delle nostre imprese e creerebbe occupazione anche nelle aziende di prima lavorazione”, ha concluso Gambacci.