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Inflazione: tre chilogrammi di pesche per pagarsi un caffè

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Inflazione: tre chilogrammi di pesche per pagarsi un caffè

Arezzo – “I generi alimentari freschi, il cui prezzo è sceso a Luglio del 2,6%, continuano a fare da parziale ammortizzatore ad un’inflazione calcolata dall’Istat al 2,7% su base annua, il livello più alto registrato dal novembre 2008. Ma questo ruolo di salvagente contro il carovita, i produttori agricoli lo hanno assunto a proprie spese”. Lo sottolinea Gianluca Ghini, direttore di Confagricoltura Arezzo – in relazione alla rilevazione sui prezzi al consumo provvisori di Luglio, diffusa ieri dall’Istat, ricordando le rilevanti diminuzioni delle quotazioni delle patate (-3,4%), dei vegetali freschi (-5,5% rispetto al mese precedente), e della frutta (-11,4% su base congiunturale).

Sono molte le cause del crollo delle quotazioni all’origine della frutta e della verdura: l’allarme E.Coli, le anomalie meteorologiche, l’import massiccio. “Abbiamo constatato ancora una volta – continua Ghini – che, alla ottima qualità dei prodotti che la nostra terra ci offre, non corrisponde automaticamente una buona annata per il reddito dei produttori”.

E manca un’equa distribuzione del reddito nell’intera filiera ortofrutticola. “All’agricoltore – conclude Ghini – occorre il ricavato di oltre tre kg di pesche per prendere un caffè al bar. Un chilo di pesche viene pagato all’origine 35 centesimi ma produrlo costa 45 centesimi, quindi c’è una perdita secca per il frutticoltore di 10 centesimi. Il bello è che lo stesso chilo di pesche sul cartellino del mercato è prezzato mediamente 1,90 euro, oltre sei volte quello che il produttore ha ricevuto dal grossista”.