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Miotto ucciso da gruppo di insorti.

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Erat, 5 gen. (Adnkronos/Ign) – L'uccisione del caporal maggiore Matteo Miotto, avvenuta il 31 dicembre nel Gulistan, in Afghanistan, si è verificata "nel corso di un vero e proprio scontro a fuoco. Non si è trattato di un cecchino isolato ma di un gruppo di insorti, non sappiamo quanti esattamente, che avevano attaccato l'avamposto". Lo ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, da Herat, dove è in visita al contingente italiano in Afghanistan. Il ministro, precisando di aspettare "ulteriori dettagli sulla ricostruzione dell'accaduto" e di aver "chiesto un rapporto dettagliato in merito", ha poi aggiunto: "All'attacco degli insorti ha risposto chi era di guardia, con armi leggere e altri interventi, e a questi si è aggiunto anche Miotto che, da una prima ricostruzione, faceva parte di una forza di reazione rapida e per questo era salito sulla torretta a dare manforte ai colleghi". Un intervento che gli è poi costato la vita. Matteo Miotto, ha inoltre spiegato il ministro, "ha avuto il tempo di accorgersi di quello che stava accadendo e ha gridato 'mi hanno colpito' prima di perdere conoscenza". E' stato un colpo "sparato da un fucile di precisione di fabbricazione sovietica" a ucciderlo. La Russa ha precisato che l'arma "è degli anni Cinquanta, il 'Dragunov', negli ultimi tempi usato dagli insorti, e reperibile anche al mercato nero di Farah". Ciò è testimoniato "dalla pallottola che ha colpito Miotto e che è stata rinvenuta all'interno della sua mimetica". Quanto alla dinamica dello scontro, il ministro ha precisato che Miotto "era intervenuto a sostegno di un altro militare di guardia nella torretta, con quest'ultimo si alternavano nel rispondere al fuoco, e quando uno sparava l'altro si accovacciava. E' stato proprio in questa posizione che il caporal maggiore italiano è stato colpito. Subito dopo è stato richiesto anche un intervento di un aereo americano che è riuscito a disperdere gli insurgens". Lo scontro, che ha coinvolto tutta la postazione formata da un plotone rinforzato, "è durato parecchie decine di minuti". In Afghanistan "i nostri militari devono ogni giorno difendersi dagli attacchi, gli scambi a fuoco sono anche più di uno al giorno", ha detto il titolare della Difesa sottolineando che "la minaccia dunque non si è affievolita, soprattutto al Nord e nel Gulistan, a Sud della regione di nostra competenza. Mi dicono che questo e' un sintomo della bonta' della forza della nostra presenza". "Pensavo che il numero degli attacchi -ha aggiunto La Russa- si affievolisse con l'inverno, invece non è stato così. Il pericolo è diversificato: ad Herat il rischio, che probabilmente ci sarà anche fra dieci anni, è quello dell'attentato terroristico, come era in passato, in un certo senso, anche in alcune città europee, ma in villaggi come Bala Murghab o nel Gulistan ogni giorno bisogna difendersi dagli attacchi. Questo avviene perché diamo fastidio". "Adesso siamo lì – ha detto ancora – prima ci passavamo e basta, ora siamo negli avamposti con turni che durano anche 14 giorni di fila. Dunque la fase di transizione sta andando avanti, ma nessuno si illude che sia agevole, senza rischi o pericoli. Temo che questi pericoli ci saranno ancora per un po', allo stesso livello. La speranza – ha concluso il ministro – è che, come è sempre capitato finora, con l'inverno il numero degli attacchi diminuisca".

Articlolo scritto da: Adnkronos