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Omicidio Yara, ferita mortale alla testa

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Milano, 11 mar. (Adnkronos) – Una ferita mortale alla testa, Yara non è stata uccisa a coltellate, né è morta dissanguata o per asfissia. E' questa l'ultima rivelazione che arriva dagli accertamenti medico legali sul corpo di Yara Gambirasio, la 13enne bergamasca il cui corpo è stato trovato a Chignolo d'Isola il 26 febbraio scorso, a tre mesi esatti dalla sua scomparsa. Un elemento indirettamente confermato dalle parole del pm Letizia Ruggeri che parla di "una vasta lesività sul cranio", causata con "un corpo contundente" usato, insieme a un coltello, per uccidere la vittima. "Non siamo ancora in grado di dire – precisa il magistrato – se si tratti di una pietra o altro". Quello che è certo è che accanto al corpo della giovane promessa della ginnastica ritmica "non è stata trovata nessuna pietra con tracce di sangue", assicura un investigatore. Resta dunque il dubbio su cosa sia stato usato per uccidere la 13enne, mentre le modalità dell'omicidio diventano sempre più precise. "Tendiamo a escludere che Yara sia morta per asfissia", aggiunge il pm che da oltre 90 giorni lavora senza sosta al caso.
I medici legali, guidati dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, escludono che le ferite inflitte con un coltello abbiano determinato il decesso. "Non sono così profonde", taglia corto un esperto. Così come è da escludere la morte per dissanguamento: i vestiti che indossava non sono così intrisi di sangue, "né ci sono altri elementi medici che giustificano una tale ipotesi". La pista dello strangolamento sembra non trovare consensi, mentre "la ferita alla testa è sempre quella che, per quanto non apparentemente 'devastante', può causare il decesso", spiega un camice bianco. Al di là delle cause del decesso, l'attenzione degli esperti si concentra sulle due tracce di Dna trovate sul corpo della 13enne. Inizialmente gli esperti della scientifica hanno trovato un Dna maschile, poi è emerso anche un secondo Dna, questa volta femminile.
E' proprio su quest'ultimo 'tecnicamente' più difficile da isolare che si concentrano le attenzioni degli inquirenti. I due Dna vengono confrontati, ancora in queste ore, con quelli che gli investigatori hanno 'raccolto' da familiari e amici della vittima. Una banca dati 'ad hoc' per trovare l'assassino o gli assassini che, al momento, non ha prodotto risultati. "E' un lavoro lungo – spiega un investigatore – e ci vorrà tempo, ma non demordiamo". L'anatomopatologa Cattaneo ha 90 giorni di tempo per consegnare al magistrato la sua relazione definitiva, ma oggi, come nei scorsi giorni "ci sta aggiornando quotidianamente su quanto fatto", dicono dalla Procura. Un 'working in progress' in cui restano ancora diversi punti di domanda. Per la procura di Bergamo resta inoltre aperta la pista della violenza sessuale. "Non possiamo ancora escludere che sia avvenuta", spiega il pm con un probabile eccesso di prudenza. Le prime risultanze dell'autopsia, infatti, escludono che sul corpo di Yara ci siano "tracce evidenti" per cui si possa supporre l'abuso. E' sempre il pm a 'restringere' il caso. "L'ambito delle indagini è la provincia di Bergamo", replica ai giornalisti. Insomma: nessun "orco" venuto da lontano, ma un "mostro" di Brembate o della zona. Parole, per prime pronunciate da Don Corinno Scotti nella sua omelia che sembrano diventare sempre più reali, mentre la 'pista della palestra' resta quella che, secondo indiscrezioni, è la più battuta. Viene esclusa dal pm Ruggeri, invece, l'ipotesi di un omicidio legato a un rituale satanico o mistico. "Possiamo solo dire – spiega il magistrato – che si tratta di segni di difficile interpretazione", facendo riferimento ad alcuni tagli sulla schiena di Yara, quasi una 'X' a livello lombare e altri due segni paralleli ma verticali, ai due lati della 'X'.
"Possiamo solo dire che su questa indagine sono al lavoro i migliori esperti d'Italia", aggiunge diplomatica il magistrato, mentre un investigatore lo è di meno: "Non c'è nessun segno magico". Si riparte quindi da quelle due armi che comunque non fa ancora dire agli investigatori che sono state due le persone ad uccidere Yara. Di sicuro si sa che a usare il coltello è stata una persona alta più o meno un metro e settantacinque. Cosa che è stato possibile accertare sulla base dell'angolazione e della profondità delle ferite. Il lavoro degli esperti della scientifica, intanto, va avanti anche per accertare se ci sono altre tracce biologiche. Al microscopio vengono passati anche l'iPod, la pila del cellulare e la carta sim, il mazzo delle sue chiavi di casa. Non ci sono impronte digitali. Se le tracce fossero state rinvenute sul corpo di Yara sarebbe presumibile pensare a un contatto diretto e verosimilmente legato all'aggressione. "Trattandosi invece di tracce di Dna su oggetti, indumenti e oggetti personali, non si può ancora escludere che si sia trattato di un contatto casuale", spiega un investigatore. Il lavoro per trovare chi ha ucciso Yara sembra ancora lungo, così come si allungano i tempi per le esequie della 13enne, ma "l'ottimismo fa parte del nostro mestiere", conclude un uomo in divisa.

Articlolo scritto da: Adnkronos