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Opera di Giuseppe Setti donata all’ospedale della Gruccia

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Opera di Giuseppe Setti donata all’ospedale della Gruccia

Montevarchi – Artisti al servizio dell’ospedale. E’ una tradizione che continua e che giovedì prossimo vedrà la donazione e conseguente cerimonia, di una statua dell’artista montevarchino Giuseppe (Beppe) Setti. Alle ore 11,00, alla presenza del neosindaco di Montevarchi Francesco Maria Grasso e del direttore generale della Asl8 Enrico Desideri, nella sala Paul Harris l’incontro con la cittadinanza, successivamente la scopertura del busto ligneo. Alla cerimonia sono stati invitati tutti gli artisti che dal giorno della sua apertura hanno arricchito il S. Maria alla Gruccia con tante loro opere, dimostrando un grande attaccamento e attenzione per questa fondamentale struttura al servizio della popolazione valdarnese.

L’ARTISTA
Beppe (Giuseppe) Setti è nato a Montevarchi, il 28 novembre 1929, dove vive e tuttora lavora partecipando alla conduzione della sua piccola impresa edile e di movimento della terra. Beppe vive nella casa di famiglia vicino ai tre figli, Barbara, Marco e Nicla e le loro famiglie.
E' un creativo anticonformista ricco di tante esperienze, a partire dal lavoro in una miniera in Belgio subito dopo la seconda guerra mondiale, al periodo del boom economico durante il quale si ritrovò muratore e costruttore, "angelo del fango" del dopo alluvione nel novembre del '66 a Firenze e in tante altre occasioni in cui in Italia c’è stato bisogno di dare una mano.
Giuseppe Setti (che sarà presente alla cerimonia e lascerà esposte nell’atrio dell’ospedale alcune delle sue più recenti opere) ha incontrato di recente la "materia giusta" e con le attrezzature più disparate si è messo a liberare i suoi "legni" da quelle parti inutili ed in ognuno di essi ha lasciato la sua visione, dell'animale, dell'oggetto, della prospettiva o del monumento che ha inteso rappresentare.

L’OPERA DONATA
“L'uso del legno in Beppe Setti acquista una serie di significati diversi, iniziando da quello connesso al valore sacrale del materiale stesso. Lavorando in modo istintivo e raggiungendo nell'elaborazione scultorea esiti non immuni da forme di "primitivismo" medievale – Scrive Liletta Fornasari, che in veste di storico dell’arte presenzierà alla cerimonia –
Setti in modo spontaneo ripropone l'antico concetto di homo faber e traduce simbolicamente sensazioni o concetti da lui elaborati quasi inconsciamente.
Maria, la “Madonna della Speranza”, grande scultura scavata d'istinto, quasi seguendo l'esempio di michelangiolesca memoria, direttamente nel pezzo di legno trovato per caso e amato dietro un impulso che è diventato idea e da idea si è trasformato in una "icona mariana", assimilabile per certi aspetti alle antiche maestà e, per altri, ad un totem capace di concentrare si di esso la speranza di chi lo guarda o lo comtempla con devozione.
L'immagine della Madonna, colta nell'atto di pregare con le mani giunte – commenta ancora la Fornasari – ha nel volto caratteri somatici "universali", dal momento che essi nella loro elementarità sono il prototipo di una creatura assoluta, partorita dalle mani di un uomo divenuto nella vita artista per caso. Spetta al legno, in questo caso esaltato nella sua totale naturalezza, dare l'idea di Lignum vitae, salvifico e pieno di vitalità intrinseca, passando attraverso il ruolo di intermediaria e di mediatrice rispetto all'Eterno, assegnato storicamente e teologicamente alla Vergine.