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Confesercenti interviene sulle questioni piccole medie imprese e fisco

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Le piccole medie imprese del commercio del turismo e dei servizi non sono evasori fiscali. Confesercenti intende scendere in campo a difesa affrontando la questione dell’offensiva che negli ultimi giorni tende a rappresentarle come una fonte costante di evasione fiscale. I cosiddetti bliz di Cortina prima, Milano poi, nella rappresentazione che se ne sta facendo additano la piccola e media impresa del commercio come fonte costante di evasione. Non ci sta l’associazione di categoria di Via Fiorentina riunitasi domenica mattina in assemblea provinciale per fare il resoconto dell’attività dell’anno appena concluso e per dettare le linee per il 2012. Tra queste necessariamente la tutela e la difesa delle piccole medie imprese alla luce delle nuove Disposizioni Monti dettate anche in tema di liberalizzazioni e di misure fiscali.
“Le notizie che si susseguono in questi giorni – dichiara il presidente Barbara Brogi – non tengono conto di dati importanti e servono solo a mettere in un unico calderone tante cose diverse, tendendo a mettere in cattiva luce la piccola impresa come fonte inesauribile di evasione”.
“Non ci sto” afferma Barbara Brogi da poco presidente dell’associazione di via Fiorentina. “Non ci sto in quanto chi evade è un concorrente sleale dei tantissimi onesti e per questa ragione non deve trovare tolleranza. E non ci sto a sentir criminalizzare una intera categoria”.
Da via Fiorentina forniscono dati che dimostrano esattamente il contrario di quanto tanti opinionisti vanno affermando. In realtà la piccola impresa del commercio e del turismo fa il suo dovere nei confronti del fisco e lo fa anche in momenti difficili come quelli che attraversa il paese.
“In una recente audizione alla Camera dei Deputati – prosegue il Presidente Brogi – della nostra associazione di categoria come confermato da Massimo Vivoli vice presidente nazionale di Confesercenti in occasione dell’assemblea provinciale di domenica, abbiamo dimostrato che i dati sono altri”.
“Nel settore commercio e turismo – spiega Barbara Brogi – il ben 73% delle imprese dichiara redditi congrui con studi di settore previsti dalla normativa e aggiornati ogni anno dall’amministrazione finanziaria. Quando si afferma congrui significa che quanto dichiarato corrisponde a quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate per tale categoria di esercizi. E quando furono varati gli studi di settore il patto con l’amministrazione finanziaria era che una volta che le imprese si fossero allineate avrebbero ottenuto meno pressione”.
“Peraltro – prosegue Brogi – l’adozione degli studi in cinque anni ha consentito allo Stato di incassare il 115% in più in termini di entrate provenienti dalle piccole imprese del commercio e del turismo. Quindi, se si considera che il 73% delle aziende è “congrua" agli studi di settore, rimane il 27% che tale non sarebbe. Ma a tale 27% occorre togliere quelle aziende che ogni anno cessano e aprono l’attività che, quindi, per ragioni diverse non dichiarano reddito o dichiarano un reddito minimo, che però fanno parte integrante delle statistiche. Le media degli ultimi tre anni indicano, statistiche Istat alla mano, che sono il 9% le imprese che ogni anno cessano e il 6% quelle che aprono e difatti da alcuni anni il saldo imprese a livello nazionale è mediamente negativo del 3%. Si scende perciò dal 27% di potenziali evasori al 12%.
“A questo 12% – puntualizza il presidente di Confesercenti – vanno però tolte le imprese cosiddette marginali, che non noi ma la stessa amministrazione fiscale stima nell’ordine del 8%-10%. Queste imprese sopravvivono nella marginalità, spesso condotte da extracomunitari e spesso collocate nelle regioni del sud del Paese. Bene dopo questi dati, forniti dall’amministrazione fiscale, le imprese potenzialmente evasori si possono collocare nella forbice che va dal 2% al 4% dei due settori indicati. Ma questa è una percentuale fisiologica che si può presumere appartenga a tutti i settori compreso quello del lavoro dipendente ad esempio quando il lavoratore non dichiara il secondo lavoro.
“Perciò – chiosa Brogi – una conclusione si può trarre, la stragrandissima maggioranza delle imprese rispetta il patto con il fisco anche se si tratta di un fisco sempre più esoso e nonostante il calo dei consumi che non aiuta certamente a farvi fronte come esso pretende. Credo che i dati di Milano e Cortina debbano essere tutti verificati; non intendo affermare che non sono veri, ma solo che vorrei meglio verificarli. Perché in tanti casi l’amministrazione finanziaria ha sbandierato recuperi milionari che poi non hanno resistito al contraddittorio.