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Ferdinando I dei Medic torna alla sua antica bellezza

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Presentato stamani il lavoro di restauro della statua di Ferdinando I dei Medici, collocata sulle scale del Duomo di Arezzo. Il telo bianco che la ricopriva è stato rimosso dal Sindaco Giuseppe Fanfani e dal Presidente di Confartigianato, Giovanbattista Donati. Con loro l’assessore provinciale Piero Ducci; il Presidente della Camera di Commercio, Giovanni Tricca; Michele Loffredo della Soprintendenza per i Beni culturali; la restauratrice Silvia Dagnino e il parroco della cattedrale, don Alvaro Bardelli.
Il Sindaco Fanfani ha ringraziato Confartigianato per avere reso possibile il lavoro di restauro e ripulitura dell'opera che è stato effettuato da Dagnino, sotto la vigilanza della Soprintendenza di Arezzo, con la consulenza del restauratore Umberto Senserini e con il finanziamento di Confartigianato imprese Arezzo.
“Siamo stati onorati – ricorda il presidente Giovanni Battista Donati – di promuovere il restauro e la ripulitura di questa monumento. Lo abbiamo fatto in occasione del Festival della persona, la kermesse che è ormai diventata un appuntamento obbligato a settembre per la nostra associazione, che si è tenuta proprio “sotto gli occhi” di Ferdinando. I lavori hanno impiegato più tempo del previsto, ma il prolungamento dell'intervento è stato necessario sia dalla sua complessità sia dall'esigenza di non compromettere il lavoro fatto in una inaugurazione troppo prematura, viste le rigide condizioni del tempo che hanno caratterizzato i primi mesi del 2012. Ora – conclude Donati – è giunto il momento di restituire quest'opera d'arte alla città. Per noi è un esempio di quello che si può fare, in concreto, per valorizzare il centro storico. Confartigianato aveva già economicamente sostenuto il restauro della statua del Fossombroni e la ripulitura del monumento al Petrarca”.

"L'intervento di restauro, del quale la Soprintendenza ha curato la supervisione tecnico scientifica, si è dimostrato particolarmente impegnativo – commenta Michele Loffredo della Soprintendenza per i Beni APPSAE di Arezzo. La scultura era compromessa da diversi agenti atmosferici e biologici ed il restauro conservativo era diventato necessario soprattutto perchè negli ultimi anni si è avuto un peggioramento delle condizioni. Si può considerare del tutto soddisfacente l'avvenuto recupero del monumento, il più antico del centro storico di Arezzo, che ripristinato, quanto più possibile al suo originale stato".

Il monumento a Ferdinando I de Medici è stato eretto sulla scalinata del Duomo di Arezzo il 14 Luglio 1594. Commissionato dal Comune di Arezzo allo scultore Giambologna nel 1591 per commemorare il Granduca e, come si legge nell’iscrizione sul pannello frontale del piedistallo, rendergli omaggio per aver bonificato la zona e aver reso Arezzo “città di passo”.
La scultura è il risultato della collaborazione tra il Giambologna e uno dei suoi migliori discepoli, Pietro Francavilla. Il maestro si occupò personalmente dell’ideazione e della realizzazione del bozzetto preparatorio in cera, oggi conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, mentre il Francavilla provvide alla realizzazione della scultura in marmo.
Altri pregevoli esempi di questa collaborazione artistica sono i due gruppi della Loggia dei Lanzi in piazza della Signoria a Firenze,il più famoso “Ratto delle Sabine” e “Ercole e Nesso”.
Il blocco di marmo utilizzato per la statua proviene dalle cave di Seravezza, trasportato per la lavorazione a Firenze e successivamente collocato dove oggi lo vediamo.
“Le pessime condizioni in cui versava il monumento – ricorda la restauratrice Silvia Dagnino – non dipendono soltanto dai depositi superficiali comuni a tutti i manufatti marmorei esposti in ambito urbano, quali particellato atmosferico, croste nere e guano che alterano l’aspetto o ne occultano alcune parti, ma soprattutto dalla scarsa qualità del blocco di marmo utilizzato. A questa caratteristica si deve la parziale perdita della definizione originaria dei dettagli e della levigatura della superficie, e il progressivo conferimento ad essa, invece, di notevoli rugosità e porosità,che hanno favorito l'insediamento e la proliferazione di muschi e licheni.
Anche a restauro ultimato,si può notare in alcune zone la modificazione naturale della superficie non collegabile a fenomeni particolari e percepibile come una variazione del colore originario del materiale e la formazione di numerosi fori ciechi (taroli) di forma tendenzialmente emisferica con diametro variabile ,
L'intervento, a parte le normali procedure di consolidamento e pulitura, è consistito nella lenta rimozione di questa compatta patina biologica prodotta da un raro lichene particolarmente tenace, Verrucaria nigrescens, che si estendeva per circa il 70% della superficie.
La rimozione è stata effettuata esclusivamente con metodi tradizionali, ovvero mediante la ripetuta posa di un impasto costituito da un’ispessente (polpa di cellulosa) con soluzione acquosa ad azione leggermente basica opportunamente formulata, risciacquata con acqua deionizzata”.