Il futuro delle Province non può essere deciso sulla base di un approccio ideologico ai costi della politica. Il dibattito, sviluppato anche oggi in Sala dei Grandi, deve essere occasione e strumento per una ridefinizione degli assetti istituzionali del Paese.

Ne sono convinta perché concordo con le posizioni del gruppo parlamentare del Pd e perché ho sperimentato, da assessore, la vita di questa istituzione che non può essere certamente cancellata con un decreto. Le Province hanno fatto e continuano a fare la storia democratica del nostro Paese e il problema è di assegnare loro un giusto ruolo nel contesto delle ridefinizione complessiva del sistema istituzionale. Quindi una “posizione” di ente intermedio tra Comuni e Regioni con funzioni di coordinamento, di programmazione e gestione che le sono propri. E questo per non arrivare ad un centralismo regionale e ad un sovraccarico di competenze dei Comuni, pena un corto circuito istituzionale.

Le Province hanno quindi un futuro che deve essere riscritto in funzione degli interessi dei cittadini e di un nuovo assetto istituzionale del Paese. Deve essere un organismo elettivo e non di secondo livello se non vogliamo che assuma una configurazione puramente burocratica.

Non di cancellazione, quindi ma di riforma bisogna ragionare. Senza “scorciatoie” ideologiche o populiste ma seguendo la strada maestra di un nuovo assetto istituzionale che conservi intatti i punti cardini ed elimini la serie di organismi paralleli con competente tranquillamente assegnabili proprio alle Province. In questo senso sia io che altri parlamentari ci siamo impegnati con emendamenti al “Milleproroghe” che seguono questo criterio.