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Provincia di Arezzo: lettera aperta dei dipendenti

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Provincia di Arezzo: lettera aperta dei dipendenti
lettera aperta

Al Sig. Presidente della Regione Toscana Enrico ROSSI Ai componenti della Giunte Regionale Toscana Ai Consiglieri Regionali aretini Ai Parlamentari eletti nella Provincia di Arezzo Al Prefetto di Arezzo Ai Sindaci della Provincia di Arezzo Alla Presidente della Provincia di Arezzo Al Presidente del Consiglio Provinciale di Arezzo
Ai Consiglieri Provinciali di Arezzo Ai componenti della Giunta della Provincia di Arezzo
Al Presidente della Camera di Commercio di Arezzo
Alla Lega della Autonomie Locali Ai Segretari provinciali dei partiti politici della provincia di Arezzo
Alle organizzazioni sindacali CGIL CISL UIL Agli organi di stampa locali

Inoltre la seguente lettera, affissa in tutte le sedi dell’Amministrazione Provinciale di Arezzo, è anche pubblicata nel sito internet della Provincia -al seguente indirizzo www.provincia.arezzo.it/rsu , nella bacheca elettronica interna dell’Ente, nella pagina twitter @RSUPROVAR e
Valerio Onida, già Presidente della Corte Costituzionale, ha nei suoi articoli sul Corriere della Sera smontato, punto per punto, la tesi abolizionistica delle Province con argomentazioni semplici e logiche, quali:
-il problema non è se le province costano, ma se servono;
-servono non soltanto perché continuano a svolgere importanti funzioni storiche, come, ad es., la gestione delle strade, dell’edilizia scolastica superiore, della caccia, etc, ma soprattutto perché, a partire dal ‘90, sono state investite di nuove importanti competenze riguardanti vaste aree intercomunali o l’intero territorio provinciale, nei settori della difesa del suolo, della gestione delle politiche del lavoro, della formazione professionale, dell’istruzione, della difesa dell’ambiente, dei trasporti, dello smaltimento dei rifiuti, cui vanno aggiunte altre rilevanti funzioni di programmazione, tra le quali la redazione del piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio;
-questa nuova idea di provincia trova oggi la sua consacrazione nell’ art. 3 del T.U. sulle AALL del 2000, che, dopo averla definita l’ “ente locale intermedio tra Comune e Regione,” le attribuisce la rappresentanza della propria comunità, di cui cura gli interessi, promuovendone e coordinandone lo sviluppo;
-non è pensabile che possano essere attribuiti agli oltre 8.000 comuni italiani, molti dei quali piccolissimi, i compiti di “area vasta”; essi andrebbero dunque in gran parte attribuiti alle regioni, che presumibilmente li gestirebbero decentrando propri uffici sul territorio, ovvero affidandoli a enti intermedi di nuova costituzione;
-l’esperienza mostra però come nessuna di queste ipotesi sia migliorativa dell’attuale, anzi! Quanto ai comuni, perché è difficile mettere d’accordo fra loro enti della stessa area per lavorare insieme: pensiamo alle grandi difficoltà nei comuni montani per l’avvio dell’Unione dei Comuni; e poi perchè non è proponibile un accorpamento massiccio dei piccoli comuni, restringendone l’autonomia, così ricca di storia e di senso di autoidentificazione delle comunità;
-quanto all’attribuzione dei compiti delle province alle regioni, si ha il fondato timore di ritenere che l’accentramento politico che ne risulterebbe finirebbe per sacrificare le giuste aspirazioni di autogoverno delle popolazioni; senza dire che le regioni, titolari di poteri legislativi e di programmazione, difficilmente riuscirebbero a gestire con efficacia funzioni di tipo gestionale.
-vi è un altro aspetto da considerare: la diversa dimensione delle regioni, alcune molto grandi, come la Lombardia, dove, essendo elevatissimo il numero dei comuni, è pura follia ipotizzare il governo accentrato delle funzioni di area vasta; altre piccole o piccolissime, come il Molise, dove il numero dei comuni è tanto esiguo da non giustificare la presenza di due province.
-non potendosi negare la necessità di un ente intermedio che gestisca le funzioni suddette, sarebbe irragionevole parlare di abolizione tout court delle province. Occorre invece riflettere sulle loro dimensioni, intervenendo sui relativi confini in modo da eliminare quelle troppo piccole e, contestualmente, dar vita, nelle aree dove sono previste, alle città metropolitane.
Le riflessioni di Valerio Onida, così ricche di buon senso e lontanissime dalla retorica dell’antipolitica, avrebbero potuto aprire un proficuo confronto sul tema, ma non è stato cosi. Con il decreto salva Italia di fine anno, (art. 23), infatti, il Governo ha messo in atto un’operazione sostanzialmente ipocrita e antidemocratica, lasciando solo formalmente in piedi le province, trasformate in enti di secondo livello, privi di rappresentanza diretta delle proprie comunità territoriali di riferimento e svuotate di tutte le attuali funzioni. Di queste ultime è stato previsto il trasferimento ai comuni, che potrebbero esercitarle anche attraverso unioni municipali, o alle regioni, che dovrebbero acquisire quelle residue, per le quali è necessaria la gestione unitaria.
Entro la fine dell’anno le regioni dovranno adottare un’apposita legge per disciplinare il transito ad altro ente delle funzioni delle province; in mancanza, interverrà lo Stato. Ancor prima, verranno commissariate le province i cui organi scadranno nel corso del 2012. Dopo, forse, non ci sarà più tempo per una riforma organica dell’assetto istituzionale delle autonomie locali.
Come dipendenti della Provincia di Arezzo vogliamo contrastare con forza la scelta, davvero scellerata, di abolire le province, perché:
-si tratta di una riforma incostituzionale, perché lesiva di fondamentali principi della nostra Carta e, in sostanza, inattuabile;
-è una riforma strumentale perché frutto dell’antipolitica ed incoerente perchè del tutto avulsa dall’auspicata, complessiva riforma degli EELL;
-non vi saranno risparmi per le finanze pubbliche ma aggravi, se si deciderà di costituire nuovi enti;
-i comuni e le regioni non saranno in grado di gestire una grossa mole di funzioni rilevanti per la vita delle comunità, fino ad ora svolte dalle province;
-né gli stessi enti, cui dovrebbe essere destinato il personale provinciale, saranno in grado di assorbirne i costi, stante il disastroso quadro finanziario attuale e in assenza di una norma specifica che sancisca la successione ad essi delle risorse finanziarie delle province;
-in barba ai principi di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, la riforma causerà la dispersione del patrimonio di professionalità acquisito dai dipendenti provinciali in delicati ambiti quali l’ambiente, il lavoro, la formazione professionale, l’edilizia scolastica, la gestione delle strade, quella della caccia e della pesca, la programmazione del territorio, etc
-ciò si tradurrà in un gravissimo danno per i cittadini, per il conseguente peggioramento di servizi fino ad oggi offerti dalle province;
-infine, ultimo ma non meno importante, trattandosi di un evento davvero inaccettabile, la riforma metterà in pericolo i posti di lavoro degli stessi dipendenti, cominciando dai non stabilizzati e dagli addetti a funzioni di supporto, con sicuro depauperamento delle loro famiglie.
Per tutte queste ragioni, chiediamo al Presidente della Regione Toscana, ai componenti della Giunta Regionale, ai Consiglieri Regionali eletti in questa Provincia, ai Sindaci dei comuni della stessa provincia, ai parlamentari locali, alle OO SS, a tutti i soggetti in indirizzo, oltre ai cittadini singoli o associati, di mobilitarsi senza indugio in modo che l’annunciata abolizione delle province venga abbandonata per fare luogo ad una più ampia ed organica riforma dei livelli territoriali di governo, della quale la necessaria revisione del livello intermedio costruisca un tassello della più ampia riforma locale.
Stigmatizziamo inoltre il comportamento del Governatore Rossi, che ha scelto di non impugnare davanti alla Corte Costituzionale l’art. 23 del decreto salva Italia, nonostante il suo contenuto fortemente lesivo di primari principi costituzionali, tra cui quello che riserva alla legge costituzionale l’abolizione di un ente, come la provincia, previsto dalla Costituzione. Ci auguriamo tuttavia che la Regione possa rivedere questa inaccettabile decisione perché l’art. 23 appare fortemente lesivo anche delle sue stesse prerogative.
Chiediamo infine alla Presidente della Provincia, alla Giunta Provinciale, ai Consiglieri Provinciali tutti e all’Unione delle Province Italiane di proseguire sulla strada, da loro intrapresa, di forte contrasto verso una riforma illogica e irrazionale, che ha tutto il sapore di una catastrofe istituzionale annunciata.

Arezzo, 16 febbraio 2012
I dipendenti della Provincia di Arezzo