Home Nazionale 35.000 immigrati al lavoro per raccolta pomodoro

35.000 immigrati al lavoro per raccolta pomodoro

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Roma, 15 lug. (Labitalia) – Sono migliaia: almeno 30.000 in Puglia (di cui 21.000 nella sola provincia di Foggia) e circa 5.000 in Basilicata. Meno in Campania, dove però diverse centinaia di immigrati lavorano nell'industria della trasformazione. Anche se è difficile quantificare il numero esatto perchè nessuno ha mai fatto un vero censimento e perchè molti di loro sono 'invisibili', sconosciuti per le autorità locali, per l'Inps, per il ministero del Lavoro. Sono i lavoratori stranieri che come ogni anno raccoglieranno la gran parte delle circa 5,5 milioni di tonnellate di pomodori che si producono annualmente in Italia. Vengono dal Burkina Faso, dalla Sierra Leone, dalla Nigeria, dal Mali, dall'Uganda, dalla Romania, dalla Bulgaria e dalla Polonia e vivono nei ghetti, in edifici diroccati o direttamente sotto gli ulivi, spesso senza servizi igienici e solo con l'acqua non potabile di qualche vecchio pozzo. "Sono 10 anni che si ripete questo fenomeno ogni anno, a cominciare dal mese di maggio e fino a novembre", spiega a Labitalia Giuseppe De Leonardis, segretario generale della Flai Cgil Puglia, una delle poche organizzazioni che, insieme a qualche associazione umanitaria, è presente nei campi e nelle baracche degli immigrati. "I lavoratori -dice il sindacalista- arrivano a maggio per la raccolta delle fragole e si fermano per le ciliegie, per le angurie, i pomodori, l'uva da tavola e le olive". "Vivono in condizioni disumane, sotto caporale che sequestra loro i documenti, praticamente in condizione di schiavitù -denuncia De Leonardis- e il lavoro è in mano alle organizzazioni criminali. Noi siamo lasciati soli, la Regione ha fatto quello che poteva ma occorre che intervenga lo Stato, attraverso la Finanza e l'Ispettorato del lavoro per combattere questa illegalità diffusa". Anche per questo, aggiunge De Leonardis, "la Flai Cgil Puglia sta lavorando per portare il ministro Kyenge a visitare i ghetti". Dall'agosto 2011 è stato introdotto nel nostro codice penale il reato "di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro", vale a dire il caporalato, una legge fortemente voluta proprio dalla Flai che ha condotto la battaglia insieme alla Fillea, sindacato degli edili. "Ma la legge va perfezionata – dice De Leonardis – e presenta ancora aspetti da chiarire: in Puglia abbiamo due processi in corso, e in ambedue ci siamo costituiti parte civile", spiega il sindacalista. Uno è il processo "Sabr", scaturito da un'operazione dei Ros che hanno individuato un'organizzazione malavitosa che faceva spostare illegalmente i lavoratori clandestini dalla Capitanata al brindisino e poi a Rosarno e in Sicilia. Tra le parti civili, anche la Regione Puglia, otto braccianti, la Cgil, e l'associazione 'Finis terrae'. "L'altro – aggiunge De Leonardis – è il processo 'Dacia': sono stati arrestati dei caporali che sfruttavano donne rumene per il lavoro nei campi e per la prostituzione".La situazione più 'esplosiva' per quanto riguarda la manodopera immigrata stagionale per la raccolta dell''oro rosso' è nel foggiano, dove si produce il 50% del totale del pomodoro nazionale. "Dei circa 21.000 migranti che si trovano nella Capitanata – racconta il sindacalista – circa 7.000 vivono nei ghetti: Rignano Garganico (dove si trovano quelli che provengono dal Burkina Faso e dall'Africa subsahariana), Borgo Libertà (ghanesi), Borgo Tressanti a Cerignola, (quasi tutti dalla Somalia e dal Corno d'Africa), Stornara e Macchia Rotonda (bulgari). Ma molti vivono direttamente nelle aziende, all'aperto, in tendopoli o in baracche. E ovviamente -conclude- quasi tutti lavorano in nero".