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Ad Arezzo, al via una nuova battaglia di civiltà

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Ad Arezzo, al via una nuova battaglia di civiltà

AREZZO, 28/03/13 – In Italia chi aiuta un malato terminale a morire, perché lui stesso vuole far valere il proprio diritto a smettere di soffrire, rischia fino a dodici anni di carcere. Il nostro diritto costituzionale a non essere sottoposti al trattamento sanitario contro la nostra volontà è costantemente violato.
Mina Welby, questa mattina, da Arezzo lancia un forte messaggio che non può più non essere ascoltato: “La sofferenza di un malato di SLA dura per anni. Non dura tre ore, come per Gesù Cristo sulla croce. I Vangeli non ci raccontano che Gesù diceva ai malati state male, perché poi sarete ricompensati con il paradiso. Gesù, i malati, li guariva”.
Grazie alla collaborazione fra Arci e LiberAperta, inizia un’altra battaglia per i diritti civili nella nostra città: la battaglia per l’eutanasia legale. Nella sala conferenze della Biblioteca “Città di Arezzo”, è stata presentata alla città e alla stampa la proposta d’iniziativa popolare per l’Eutanasia Legale. Presenti, la già citata Mina Welby, dell’Associazione Luca Coscioni e testimonianza vivente dell’autodeterminazione della persona; Donato Caporali dell’Arci; Angelo Rossi di LiberAperta e la direttrice della biblioteca aretina, Sandra Rogialli.
“Con il voto unanime del consiglio di amministrazione della Biblioteca, abbiamo deciso di ospitare quest’iniziativa. Non c’è stato alcun dubbio da parte di nessun membro del consiglio nel dare lo spazio istituzionale adeguato a un’iniziativa che non farebbe altro – comunque la si possa pensare – di dare una scelta e una libertà in più ad ogni libero cittadino”, ha esordito così la padrona di casa, la presidente della biblioteca, Sandra Riogialli.
La proposta di legge che i cittadini italiani stanno cercando di presentare in Parlamento, regolerà l'eutanasia e il testamento biologico nel nostro paese. E lo farà una volta per tutte: “L’eutanasia in Italia c’è, esiste ed è sommersa. Dobbiamo portarla alla luce del sole. E’ la stessa cosa di quando c’era l’aborto clandestino. Dobbiamo obbligare il Parlamento a discutere una norma, a fare chiarezza e per riuscirci serve una grande campagna di mobilitazione”, ha chiosato Mina Welby.
Il primo passo sarà raccogliere le 50.000 firme necessarie per depositarla all’organo legislativo dello stato. Per far questo c’è veramente bisogno dell’aiuto di tutti: dai Consiglieri comunali e provinciali in tutta Italia, i quali hanno il potere (insieme a notai e cancellieri) di autenticare le firme, che di tutti i cittadini che potranno sia firmare, che promuovere quest’iniziativa popolare.
Caporali e Rossi, rispettivamente di Arci e LiberAperta, proprio a questo proposito hanno lanciato un appello: “Alcune figure istituzionali, facciano il loro dovere, facendosi carico della volontà di alcuni cittadini all’autodeterminazione. Rivolgiamo a tutti coloro che possono autenticare i moduli della raccolta firme, un invito a darci una mano, perché la nostra campagna è legata al loro impegno”.
Per raccogliere 50.000 firme, basta che ci sia una persona in ciascuno degli 8.000 Comuni italiani che ne raccolga almeno sette. Questo risultato storico, questa affermazione dei diritti di ognuno di noi, è più vicina di quanto possiamo credere. E’ il momento di dare il proprio contributo.
Per poter dare la propria firma, basterà passare dal centro della nostra città i prossimi 6, 13, 20 e 27 aprile, tutti i sabati pomeriggio a partire dalle 16,30, dove in piazza San Jacopo saranno presenti i gazebi adibiti per la raccolta firme e dalla fine della prossima settimana, in tutte le segreterie comunali della nostra provincia.