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Attenti al lupo: per le greggi ora è vera emergenza

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Attenti al lupo: per le greggi ora è vera emergenza

Torna il lupo. E fa danni gravissimi. Portato in alcune zone della provincia aretina sperando ingenuamente che desse la caccia ai cinghiali, i branchi danno invece la caccia, e sbranano, le ben più innocue pecore. Con conseguenze terribili per le greggi: Luciano Lalli è un allevatore di ovini da carne insediato da sempre a Terranuova Bracciolini, in Valdarno. Le scorrerie dei lupi hanno massacrato il suo bestiame, riducendolo di un quinto: i branchi di questo feroce animale selvatico, protetto dalla legge, in pochi mesi hanno sbranato ben 63 pecore, su quasi 300 capi complessivi del suo gregge: “Il danno è a dir poco gravissimo: i danni diretti degli animali persi, che hanno un valore che va dai 200 ai 400 euro l’uno, si sommano a quelli indiretti poiché aumentano sensibilmente le pecore gravide che abortiscono a causa dello spavento”. Ma non finisce qui, spiega ancora l’allevatore aretino: “Oltre al danno la beffa: la normativa sanitaria prevede non l’interramento degli animali sbranati, ma l’incenerimento in strutture autorizzate, che costa altri 10mila euro”. Ciò che l’azienda agricola Lalli denuncia, insieme a molti altri allevatori della zona e dell’intera provincia, è l’impossibilità di difendersi: “Il lupo è un animale protetto – conclude – ma a noi e alle nostre greggi chi ci protegge? Se le mie pecore provocano un danno, io devo risarcire il danneggiato. Qui, per i danni dei lupi, chi paga?”
Insomma i lupi stanno diventando un problema sempre più pressante per agricoltori e allevatori. Secondo Coldiretti Arezzo “c’è l’esigenza di riequilibrare la presenza del lupo e delle altre specie selvatiche con le attività economiche, a cominciare dall’allevamento: l’abbandono della montagna da parte dell’uomo, l’abbondanza di cibo e l’immissione di animali selvatici non proprio tradizionali per le nostre terre, sono stati i fattori determinanti che hanno portato specie come il lupo – ma non solo – da specie particolarmente protetta a rischio estinzione, a presenze e diffusioni elevatissime, assolutamente non compatibili con il nostro territorio”.
Per questo si moltiplicano i danni, soprattutto alle greggi, ma a tutto il bestiame: “Una situazione che sta creando un allarme crescente nelle campagne – sottolinea Coldiretti – e una situazione ormai insostenibile per i nostri allevamenti. Quello che vogliamo è non avere più danni evitando “facili soluzioni” di recintare interi appezzamenti e stalle: la Toscana non diventerà mai famosa per i recinti facili a difesa dei selvatici.
Occorre dare risposte rapide, spiega il presidente di Coldiretti Arezzo, Tulio Marcelli, anche perché la situazione diventa sempre più difficile: “La Toscana è la regione, in Europa, con il più alto tasso di densità di ungulati. E' un problema che travalica la questione puramente agricola: ormai riguarda l'intera comunità” prosegue Marcelli.- “Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza: in dieci anni il numero di predatori (cinghiali, lupi, caprioli, cervi, daini, volatili, etc.) ha assunto una dimensione non più sostenibile dal territori, con forti ripercussioni sul turismo e sui prodotti del sottobosco che ormai non esistono più”.
Altro problema legato all’eccessiva presenza degli ungulati “riguarda – secondo Coldiretti – l’incolumità pubblica in senso generale in quanto questi animali oltre ad essere una seria minaccia per la sicurezza stradale, soprattutto in alcune zone, rendono più instabili i terreni collinari e montani, contribuendo ad aumentare il rischio di smottamenti e frane”.
“Il lavoro da fare insieme alle autorità del territorio sarà quello – conclude Marcelli – di fornire precise linee guida in merito alla gestione faunistico venatoria e avviare tutte quelle azioni finalizzate a ristabilire un rapporto equilibrato e sostenibile tra selvatici, colture, allevamenti ed economia d’impresa”.