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Confcommercio arezzo col segno più nonostante l’anno terribile dell’economia

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Confcommercio arezzo col segno più nonostante l’anno terribile dell’economia

Un anno di crescita per la Confcommercio della provincia di Arezzo, nonostante una situazione drammatica per le imprese del terziario, strette nella morsa della crisi tra calo dei consumi, aumento di tasse e tariffe, sfiducia nella politica e incertezza del futuro. Lo conferma il bilancio dell’attività 2013 presentato oggi (lunedì 23 dicembre) dall’organizzazione di categoria nella sede di via XXV Aprile, alla presenza della presidente Anna Lapini e del direttore Franco Marinoni.

Quelli appena trascorsi sono stati dodici mesi intensi, di grande lavoro e impegno e, quel che più conta, premiati da risultati brillanti, come la recente nomina di Marinoni a direttore generale di Confcommercio Toscana e la presidenza pro-tempore di Anna Lapini nella stessa struttura regionale. Due successi da condividere con tutte le imprese aretine di commercio, servizi e turismo, perché provano la buona stoffa della classe imprenditoriale locale, che alla congiuntura economica sta reagendo con grande determinazione.

Confcommercio chiude il 2013 a quota 8.812 associati, raggiungendo +604 nuovi soci, con un saldo positivo contenuto (22 unità, a fronte delle 582 cessazioni) ma pur sempre caratterizzato dal segno più. Un dato quindi estremamente brillante, in considerazione della difficile situazione congiunturale che ha costretto molte aziende a chiudere. Il turn over nel terziario resta molto alto, tanto che per ogni azienda cessata ce n’è praticamente una pronta a nascere; ma se non nella quantità, i vuoti si avvertono nella qualità, visto che occorrono anni prima che le nuove imprese siano in grado di rimpiazzare le competenze, l’occupazione e la ricchezza perdute con la chiusura delle “vecchie” aziende consolidate.

“Gli operatori aretini continuano a credere nell’associazionismo, a patto di ricevere vantaggi immediati e tangibili”, sottolinea il direttore della Confcommercio Franco Marinoni, “per questo, riflettendo sul nostro ruolo di organizzazione di categoria, ai temi sindacali abbiamo continuato ad affiancare un numero crescente di servizi utili alle imprese, dalla formazione alla sicurezza all’espletamento della burocrazia. Del resto la sfiducia nella politica e nelle istituzioni ha messo in crisi anche il mondo dell’associazionismo, e se a livello macro è difficile confrontarsi con chi ci governa, agli interlocutori locali si chiede subito concretezza. Molti fatti e poche parole”.

Nel 2013 Confcommercio ha continuato a puntare con ottimi risultati sul credito alle imprese, nonostante la stretta creditizia in atto e il forte ridimensionamento degli investimenti per alcune aziende. 240 milioni di euro il volume totale degli affidamenti in essere, erogati dalle banche attraverso l’organismo creditizio della Confcommercio, il Centro Fidi. Soldi che sono serviti per consolidare o sviluppare l’attività di oltre 5.200 imprese aretine del terziario.

Anche sul fronte della formazione la Confcommercio prosegue il suo trend positivo, a dimostrazione di come gli operatori siano in cerca di stimoli nuovi per crescere o semplicemente per uscire dall’impasse : nel 2013 l’agenzia formativa dell’associazione di categoria ha organizzato 384 corsi contro i 306 del 2012, per un totale di 15.950 ore di lezione (14.900 nel 2012) e 5.281 allievi formati (erano 4.990 un anno fa). Tra i corsi più gettonati, quelli professionalizzanti come vetrinistica, tecniche di vendita, panificazione e macelleria e, in generale, tutti quelli che aumentano le competenze professionali necessarie a svolgere una determinata attività. Molto marginali restano invece i corsi di competenza manageriale, come l’analisi di bilancio e simili.

“Tutto e subito, potrebbe essere il motto degli imprenditori aretini nella formazione”, commenta il direttore della Confcommercio Marinoni, “si privilegiano percorsi formativi che possono avere un riscontro immediato nel miglioramento del lavoro, mentre si è ancora troppo poco propensi a migliorare le competenze nell’area gestionale. I risultati in quel caso non arrivano subito, ma sarebbero ancora più efficaci sull’andamento dell’impresa”.

“Contro molte previsioni, sono aumentati gli operatori che vedono nella formazione uno strumento strategico per fronteggiare la particolare situazione negativa, trovare nuove idee, reinventarsi. Poi ci sono quelli che il lavoro non ce l’hanno ancora o l’hanno perduto: per loro la formazione è l’occasione del riscatto”.

In crescita anche i corsi legati al tempo libero, su tutti i percorsi serali dell’Accademia del Gusto rivolti ad appassionati di cucina. In stallo insieme ai corsi manageriali e gestionali anche quelli di lingue straniere. In forte calo i corsi di informatica, sintomo di un’evidente saturazione del mercato.

Discorso a parte per i corsi obbligatori, legati alla sicurezza sui luoghi di lavoro o a quella degli alimenti. “Le imposizioni di legge in questo caso hanno avuto un ruolo determinante e anche positivo, visto che aumentare il livello di sicurezza aiuta a lavorare meglio e a fornire servizi migliori ai propri clienti”.

A risentire di più della difficile congiuntura economica sono settori maturi o particolarmente saturi: il piccolo commercio tradizionale (abbigliamento in particolare), colpito da una crisi che ha riportato i consumi a livello di trenta anni fa; il settore delle auto e quello dell’edilizia. Non è un caso se siano state proprio aziende di questi tre comparti a chiedere in maggioranza l’accesso alla Cassa Integrazione Guadagni in deroga per i propri dipendenti.

Proprio le Cigs sono cresciute in maniera esponenziale: dalle 94 del 2012 si è passati alle 302 di quest’anno. Sono salite pure le conciliazioni, firmate dalla Confcommercio e dai sindacati dei lavoratori del terziario: erano 50 nel 2012, sono state 66 nel 2013. Per lo più hanno interessato aziende strutturate di oltre 20 dipendenti. “Non si è trattato tanto di gestire i contenziosi che nascono a volte tra titolari e dipendenti al momento del licenziamento, sottolinea il direttore della Confcommercio, quanto piuttosto di rivedere la struttura aziendale per fare in modo che il licenziamento fosse l’extrema ratio per affrontare la crisi. Passaggio al part time, riduzione di alcune voci dello stipendio come le trasferte, ridimensionamento degli orari sono stati alcuni degli strumenti usati per salvare l’occupazione”.

Sul fronte delle assunzioni, interessante il dato relativo all’apprendistato: “quest’anno attraverso noi sono stati concessi 100 pareri di conformità per l’assunzione di altrettanti giovani come apprendisti, 36 nel turismo e 64 nel commercio. Un dato che lascia ben sperare ma ha come contraltare la perdita di tanti posti di lavoro nelle aziende che hanno chiuso. E poi in generale servono strumenti per abbattere il costo del lavoro. Il Governo deve accelerare la riforma per dare alle imprese nuove tipologie di contratto, in cui la flessibilità non significhi precarietà, ma soprattutto deve tagliare i costi. Assumere collaboratori non può essere penalizzante, chi lo fa dovrebbe essere premiato”.

Sempre a proposito di apprendistato professionalizzante, nel 2013 Confcommercio ha consolidato il servizio offerto alle aziende nell’elaborazione di piani formativi individualizzati (90 rispetto ai 33 del 2012) e nelle azioni di monitoraggio e valutazione (45 contro le 13 del 2012).

“Noi siamo in trincea come gli imprenditori associati, che della nostra presenza al loro fianco hanno bisogno di percepire vantaggi immediati. Per questo nel 2014 abbiamo intenzione di spingere l’acceleratore sui servizi, soprattutto su quelli più innovativi, che aiutino il terziario aretino a crescere. Ma senza una politica nazionale più chiara e più decisa, per esempio nell’affrontare la questione dei tagli alla spesa pubblica, il nostro Paese taglia le gambe al futuro. Attendiamo decisioni forti anche in merito al taglio delle tasse: restituire fiducia e soldi alle famiglie è l’unico modo per far ripartire l’economia interna”.