Roma, 8 lug. (Labitalia) – "Si parla spesso di 'ridurre il costo del lavoro' per aumentare l'occupazione. In realtà, si dovrebbe più propriamente parlare di ridurre il costo degli oneri sociali che gravano per il 33% sul salario di un lavoratore. Ma non è così che si aumenta l'occupazione, bensì aumentando la produttività, cosa di cui peraltro non c'è traccia nel cosiddetto 'piano lavoro' del governo'". Così Fiorella Kostoris, economista, parla con Labitalia della questione della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. "In Italia il costo del lavoro -spiega- è dato dal salario e dal cuneo fiscale: e mentre i salari sono bassi, il costo del lavoro per unità di prodotto è alto e su questo hanno ragione Confindustria e sindacati. Ma allora più che sugli oneri sociali, sui quali non c'è molto margine per intervenire, bisognerebbe intervenire sulla produttività, rilanciandola o con misure immediate (come quella dell'aumento delle ore lavorate) o più a lungo termine come gli investimenti in formazione". In effetti, spiega la professoressa, la questione del costo del lavoro è intrecciata in parte con quella dell'Iva. "Il cuneo fiscale sulla busta paga -ricorda Kostoris- si compone sostanzialmente di tre voci: gli oneri sociali e previdenziali, le aliquote fiscali dirette e le aliquote fiscali indirette, inclusa l'Iva. Dunque bloccare o diminuire l'Iva dovrebbe significare anche bloccare o diminuire il cuneo fiscale". "Da un punto di vista della sostanza e soprattutto dei conti di bilancio -dice Kostoris- è vero. Se si blocca l'Iva per un anno e questo costa oltre 4 miliardi, se si blocca anche l'Imu e questo costa altri 4 miliardi, poi è davvero difficile trovare altre risorse per il cuneo fiscale". Ma quello che occorre tenere presente, dice l'economista, è "che l'occupazione non dipende dal costo del lavoro nominale, ma dal costo del lavoro per unità di prodotto". "E dunque la via maestra per aumentare l'occupazione è aumentare la produttività", dice."Nel piano lavoro -osserva Kostoris- più che a creare lavoro si pensa a redistribuirlo. Ora invece ci sarebbe bisogno di un atto di finanza straordinario, intanto per tagliare il debito, come la vendita di asset pubblici, mobiliari e immobiliari. E un'altra cosa da fare -conclude- sarebbe quella di ripensare ai prezzi dei servizi pubblici. Pensiamo ai ticket farmaceutici o sanitari: non possiamo più permetterci che ci siano farmaci o prestazioni sanitarie praticamente gratuite per tutti. Bisogna che chi ha di più paghi qualcosa".