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Mabo, il giorno dopo la riapertura

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La Mabo riapre le porte. Per ora solo per alcuni lavoratori ( 57) ma rimane accesa la speranza.
Non tutti infatti, sia dentro che fuori l'azienda, hanno ben compreso la portata dell'operazione che ha determinato la conclusione di questa vertenza.
E' forse necessario far conoscere a tutti il percorso, doloroso, che ha portato alla situazione attuale, non a coloro che l'hanno vissuta sulla pelle, ma a tutto il territorio, ed è compito delle Organizzazioni Sindacali che hanno seguito la vicenda, fare da memoria storica e far fare a tutti un passo indietro.
E' necessario infatti ricordare la storia della Mabo, fatta anche di operazioni, vedi l'acquisizione della Stimet, della Seralwall, degli stabilimenti di Frosinone, di Torino, che nel tempo hanno portato l'azienda, in un momento storico economicamente favorevole soprattutto per il settore edile, ad avere una forza lavoro imponente, adeguata alle allora esigenze produttive, tamponando emorragie occupazionali.

Poi l'avvento della crisi. Il sistema finanziario al collasso. Le aziende che avevano all'interno lavoratori precari hanno sfruttato la loro flessibilità. La Mabo in questo momento non ha all'interno lavoratori precari. Siamo nel 2011, le aziende del prefabbricato italiano, quelle di grandi dimensioni ed esposte col sistema bancario, hanno necessità di fatturare, di acquisire commesse a qualunque prezzo, anche sottocosto. In un mercato in cui, è sempre più difficile ottenere la certezza dei pagamenti. In questo contesto, l'azienda nonostante la crisi, rinnova il contratto integrativo aziendale.

Nel 2012 la Mabo non è più in grado di gestire il peso della sua situazione debitoria. Presenta domanda di ammissione alla procedura di concordato al tribunale di Arezzo e tenta di salvare il salvabile utilizzando il meccanismo usato dalla maggior parte delle imprese che versano in quella situazione: bad-company / good-company, trasferendo presso la nuova impresa una parte di dipendenti, 219, e lasciando i restanti in cassa integrazione straordinaria.
Nasce la Mabo Edilizia ed Energia. Gli accordi sottoscritti, al fine di agevolare il passaggio, avrebbero comunque garantito il trasferimento di tutti i dipendenti al termine del contratto di affitto. Anche allora una parte dei lavoratori rimase fuori dalla nuova azienda, molti dei quali erano impiegati, ma l'azienda, anche allora, era convinta che la forza lavoro presente in Mabo, era sproporzionata rispetto alle esigenze che il mercato richiedeva.

Nel 2013 la Mabo Edilizia ed Energia dopo un anno di trattative con il sistema bancario, non ottiene la “fiducia” e, non potendo più contare sulle proprie risorse, decide di recedere il contratto di affitto e di presentare a sua volta domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo.

Il resto è storia recente. Una storia che siamo stati, purtroppo, abituati a sentire tante volte. Soprattutto in Casentino. Unica anomalia, a differenza di altre vertenze analoghe, è che prima ancora della sentenza di fallimento o di omologa del concordato, si è fatto avanti un acquirente che ha manifestato interesse. Un acquirente sostenuto dal sistema bancario che per tutelare il proprio interesse decide di non volersi far carico della necessità che avrebbe il territorio di ricollocare tutti i dipendenti Mabo, ma solo di una parte. E la legge glielo consente. La normativa infatti, sia quella nazionale che europea, tende ad agevolare i trasferimenti di ramo d'azienda delle imprese in crisi, e la Mabo, essendo stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, rientra perfettamente nella casistica.
La legge prevede anche il consenso dei lavoratori, e anche in questo caso è stato sottoscritto un accordo. Un buon accordo, che prevede il diritto di precedenza senza termine, dei lavoratori Mabo rispetto alle nuove assunzioni che verranno fatte, un accordo che prevede l'ingresso a regime di 140 lavoratori, pochi rispetto ai 272 che ad oggi aveva la Mabo, ma tanti rispetto allo scenario che si sarebbe potuto verificare qualora non avessimo avuto questa opportunità.
Ed è da qui che nasce la speranza nei confronti di questa grande azienda, la speranza che superata la crisi del settore, questa impresa possa tornare ad avere il peso che aveva nel panorama nazionale, il peso che le compete, anche e soprattutto per la bravura e l'impegno di chi ci ha lavorato, e di chi nonostante la situazione difficile, anche rinunciando a qualcosa, ha permesso che la Mabo riaprisse le porte.