Milano, 6 mag. (Labitalia) – Le vendite italiane all'estero di prodotti belli e ben fatti (Bbf) sono state di 61 miliardi di euro nel 2012, il 15,5% del totale delle esportazioni manifatturiere italiane. Il 32% viene dall'alimentare, il 27% dall'abbigliamento e tessile casa, il 16% dai beni d'arredo, il 12% dalle calzature, l'8% dall'oreficeria-gioielleria e il 4% dall'occhialeria. Sono questi i principali risultati della quarta edizione della ricerca 'Esportare la dolce vita' 2013 presentata da Centro Studi Confindustria e Prometeia, con il contributo di Anfao, Assocalzaturifici, Federalimentare, FederlegnoArredo, Federorafi e Sistema Moda Italia.
Il rapporto, che elabora le stime delle importazioni di beni del bello e ben fatto nei 30 principali mercati emergenti per il periodo 2013-18, evidenzia come le importazioni dai paesi emergenti di prodotti belli e ben fatti (Bbf) cresceranno fino a 169 miliardi di euro nel 2018, 54 miliardi in più rispetto al 2012, con un aumento del 47%. Oltre un terzo della domanda aggiuntiva verrà da Russia, Cina ed Emirati Arabi Uniti. Nel 2018 infatti ci saranno 194 milioni di nuovi ricchi in più rispetto al 2012, cioè persone con un reddito annuo superiore a 30mila dollari, in grado di comprare beni belli e ben fatti. La metà dei nuovi ricchi risiederà nei principali centri urbani di Cina, India e Brasile, ma la classe benestante si sta ampliando anche in paesi come Russia e Turchia. La quota di mercato italiana sull'import di beni belli e ben fatti (Bbf) nei mercati analizzati era nel 2011 dell'8,7%. Se questa quota restasse inalterata, nel 2018 le importazioni di prodotti made in Italy in quei paesi aumenterebbero di 4,4 miliardi di euro, arrivando a 14,4 miliardi. Nonostante le "enormi prospettive offerte dai nuovi mercati, le imprese italiane si trovano a operare in contesti difficili", si spiega. La concorrenza è più ardua: sempre più aziende, data la debolezza della domanda interna europea, orientano gli sforzi commerciali verso i mercati emergenti. E maggiori diventano le barriere e i dazi che questi stessi paesi spesso innalzano per contrastare l'ingresso dei prodotti esteri. Per sostenere le imprese nel percorso di internazionalizzazione, nel rapporto viene presentato un aggiornamento dell'analisi delle barriere commerciali, che ostacolano l'espansione nei principali paesi emergenti. Inoltre, è stato analizzato il tessuto imprenditoriale del settore, composto da 15mila imprese che esportano prevalentemente prodotti belli e ben fatti, rappresentano un quinto delle imprese manifatturiere esportatrici italiane, e hanno un'elevata vocazione internazionale nonostante la dimensione contenuta. Infine, un focus dedicato alla Cina esplora le cinque regole da seguire per entrare nel mercato cinese con più elevate probabilità di successo: conoscere l'andamento dei consumi e delle forze che lo alimentano; analizzare il profilo dei consumatori; selezionare le aree urbane con migliori prospettive; conoscere gli ostacoli commerciali all'ingresso dei propri prodotti e analizzare i canali di accesso al mercato, cioe' il sistema distributivo.