Home Nazionale Pessi: su rappresentanza tornare a normativa pre-referendum ’95

Pessi: su rappresentanza tornare a normativa pre-referendum ’95

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Roma, 24 lug. (Labitalia) – "Certo, ha ragione la Consulta nel dire che si devono garantire i diritti sindacali alle organizzazioni maggiormente rappresentative. Ma il modo corretto per farlo è un intervento legislativo in materia, sostanzialmente ripristinatorio della normativa esistente prima del referendum del 1995, e che riporti ordine nel nostro sistema delle relazioni industriali". Così il giuslavorista Roberto Pessi, docente di Diritto del lavoro e preside della Facoltà di Giurisprundenza dell'università Luiss di Roma, commenta, con Labitalia, le motivazioni della Consulta sul caso Fiat, e interviene nel dibattito sulla rappresentanza. Pessi, infatti, ricorda che "il referendum del 1995 ha soppresso la prima parte, la lettera A dell'articolo 19 dello Statuto, che diceva che i diritti sindacali andavano riconosciuti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, lasciando solo la lettera B". "La lettera A dell'articolo 19 -continua il giuslavorista- è stata ritenuta costituzionale secondo tre sentenze della Consulta, nel 1974, nel 1988 e nel 1990. Quindi, se quella norma fosse rimasta in quel modo, la firma del contratto avrebbe avuto tutti i diritti sindacali". Dunque, per Pessi, "l'unica soluzione ragionevole è che il legislatore reintroduca quella norma utilizzando l'espressione 'comparativamente più rappresentative". "Io sono favorevole -aggiunge- a questo intervento legislativo, perchè condivido della motivazione della Consulta due argomenti: non è possibile che non ci siano diritti sindacali se il datore di lavoro non firma il contratto collettivo di lavoro. Questo varrebbe per tutti ed è in contrasto con l'articolo 39 della Costituzione; e poi la seconda affermazione secondo cui si alimenterebbero delle disparità di trattamento in funzione dell'opzione del legislatore di firmare il contratto solo con alcuni". "Penso che la soluzione finale privilegiata dalla Consulta, quella dell'equiparazione delle espressioni 'fimatario' e 'partecipante', sia una forzatura semantica -conclude- non tollerabile neanche sul piano del vocabolario italiano".