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Repubblica stagisti: di stage se ne fanno già tantissimi

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Roma, 8 ott. (Labitalia) – "Di stage se ne fanno già tantissimi, oltre 300mila all'anno nelle sole imprese private, cui vanno aggiunti secondo le stime che noi facciamo come 'Repubblica degli stagisti' (numeri ufficiali non ce ne sono) tra i 150mila e i 200mila negli enti pubblici e almeno 60mila nelle associazioni non profit". Lo afferma a Labitalia Eleonora Voltolina, direttore responsabile di 'Repubblica degli stagisti', testata on line 'portavoce' dell'universo degli stagisti, e di 'Articolo 36', commentando la possibilità di avviare 100mila stage."Ciò -fa notare- vuol dire che l'Italia è già dotata di un esercito di almeno mezzo milione di stagisti all'anno. Un numero già enorme, ma con una prospettiva di sbocco occupazionale miserrima. Per le imprese private abbiamo un dato: 9,1%, è la percentuale di stagisti che vengono messi sotto contratto (qualsiasi tipo di contratto, conteggiando dunque anche quelli precari e parasubordinati) dopo il periodo di formazione"."Invocare che le imprese -ammette Voltolina- aumentino ancora il numero di stagisti da ospitare è dunque un boomerang. Un boomerang che nasce da un malinteso: c'è chi pensa che aumentando il numero delle opportunità di avvicinamento al lavoro, specialmente per i giovani, si aumenteranno anche le opportunità di concreto inserimento lavorativo. Invece non è così. E' anzi vero il contrario: anziché sulla quantità bisognerebbe puntare tutto sulla qualità, prendendosi eventualmente il rischio di diminuire numericamente le opportunità di avvicinamento al lavoro (leggi: stage e tirocini), ma aumentarne l'efficacia dal punto di vista occupazionale". "Il problema -sottolinea- è che già le imprese non riescono ad assicurare un dignitoso sbocco occupazionale a quelli che prendono normalmente, figuriamoci cosa succederebbe se aumentasse del 33% il numero di stagisti: la percentuale di assunti al termine del tirocinio sprofonderebbe ancor di più"."Dato che -continua Eleonora Veltolina- l'impegno di attivazione di uno stage dal punto di vista burocratico è davvero pressoché nullo, allora si capisce che quella dichiarazione delle imprese punta essenzialmente a ricevere una deroga dal governo rispetto alla parte economica. Insomma, loro sarebbero disponibili ad ospitare stagisti solo a patto di non doverli pagare. A questo punto, o il governo pensa che sia accettabile e auspicabile che vengano attivati 100mila stage gratuiti, e che questi 100mila ragazzi debbano essere mantenuti dalle proprie famiglie per tutto il tempo dello stage, oppure prevede di utilizzare parte dei fondi della garanzia giovani europea per pagare di tasca propria questi stage, praticamente regalando stagisti gratis alle aziende"."Se il ministro Giovannini -chiarisce- vuole proseguire su questa strada, allora apponga due correttivi indispensabili a questo appello che lui ha lanciato 'alla responsabilità sociale da parte delle imprese nei confronti del Paese'. Primo correttivo: spieghi subito che questi stage non saranno gratuiti e non saranno completamente pagati dallo Stato. Preveda cioè che siano stage rispettosi delle nuove disposizioni in materia di congrua indennità, e preveda eventualmente un piccolo contributo statale sul rimborso spese, non più della metà della cifra totale. Un sistema simile a quello che fa la Regione Toscana, rimborsando parzialmente alle aziende il costo delle indennità degli stagisti". "Come secondo correttivo -propone Voltolina- inserisca vincoli precisi affinché l'attivazione di questi stage venga effettuata solo ed esclusivamente all'interno di imprese che hanno reale intenzione di ampliare l'organico e dunque concrete possibilità di offrire posti di lavoro al termine dei percorsi formativi. Escluda le aziende in cassa integrazione, in mobilità, quelle che hanno effettuato licenziamenti negli ultimi 12 mesi. Chieda alle aziende di sottoscrivere un patto di trasparenza rispetto alla finalità esplicita di inserimento lavorativo di questi stagisti: di stage di formazione e orientamento i giovani italiani non ne possono più, quello che cercano è un lavoro". "E ponga -suggerisce- un vincolo rispetto agli esiti occupazionali, prevedendo per esempio che quelle aziende che ospiteranno oltre quattro stagisti con questo programma poi siano tenute ad assumerne almeno il 25%, prevedendo sanzioni (per esempio la restituzione del contributo per il compenso) per chi non rispetterà questo termine"."Solo con paletti ben precisi -rimarca- gli stage promossi dallo Stato possono trasformarsi davvero in politiche attive per l'impiego. Altrimenti si continuano a replicare all'infinito gli errori del passato, e a osservare con rassegnazione il grafico della disoccupazione salire a livelli inimmaginabili".