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Rifugiati: maggiore accoglienza nel territorio aretino

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Ampliato di 10 posti nel territorio aretino il sistema di accoglienza finanziato dal Ministero Interni di cui il Comune di Arezzo è capofila: si chiama SPRAR, è attivo dal 2008 ed è strutturato per favorire l’integrazione a l’autonomia dei richiedenti asilo e rifugiati. La gestione del progetto SPRAR 2011-2013 è affidata al comitato regionale Arci

A disposizione complessivamente 25 posti: ulteriori 5 posti ad Arezzo che ne ha quindi 10, 4 sono a Bucine, 6 a Montevarchi e altri 5 di nuova istituzione a Sansepolcro.

“Arezzo è una città accogliente, consapevole del fatto che la presenza di etnie e culture diverse è un'opportunità di sviluppo per tutti – sottolinea l'assessora alle politiche per l'integrazione del Comune di Arezzo Stefania Magi. E questa esperienza sta funzionando molto bene perché è gestita in modo strutturato: va oltre la fase dell'emergenza e prende in carico la persona nella sua totalità, garantendole un sostegno nel lungo e faticoso percorso verso l’integrazione. Il progetto permette di dare un aiuto concreto a persone che si trovano in situazioni particolari in cui nessuno vorrebbe trovarsi, che vedono la loro vita stravolta dagli eventi. Esperienze difficili, di fronte alle quali è giusto e normale il sostegno da parte di chi ha una vita migliore”.

La possibilità per il territorio di garantire questa maggiore accoglienza è stata possibile grazie alla disponibilità del Comune di Sansepolcro che, come dichiara il Sindaco Daniela Frullani “siamo consapevolmente favorevoli a questo progetto, che risponde in modo strutturato alla problematica, oggi più attuale che mai, dei diritti dei richiedenti asilo e rifugiati, fornendo risposte adeguate in termini di accoglienza a chi vive situazioni drammatiche. L’esperienza consolidata nel nostro territorio provinciale, andando al di là della fase dell’emergenza, ci dimostra la capacità del nostro tessuto sociale ad accogliere ed integrare. Ringrazio il Comune di Arezzo di averci considerato parte attiva nella loro progettualità.”

Gli operatori si trovano di fronte donne e uomini che hanno subito migrazioni forzate e molto spesso accompagnate da violenze e torture. E’ necessaria una grande disponibilità all’ascolto e la messa in pratica di tutte quelle azioni che possano, almeno in parte, rimarginare le profonde ferite di queste persone.

Il progetto è quindi strutturato per facilitare l’accesso alla sanità, l’inserimento abitativo e lavorativo degli ospiti, la conoscenza della lingua italiana grazie alle scuole presenti nel territorio.