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Sanità: Regioni al lavoro per tenere costi standard fuori da Patto salute

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Roma, 31 ott. (Adnkronos Salute) – Tenere fuori dal Patto della Salute la definizione dei costi standard e delle Regioni benchmark: sarebbe questa l'ipotesi a cui stanno lavorando i tecnici delle Regioni, impegnati nella messa a punto del Patto, una sorta di 'piano regolatore' che dovrà disegnare la sanità dei prossimi anni. Il documento, che nelle intenzioni di tutte le parti in causa (Governo ed enti locali) dovrebbe essere siglato entro Natale, riguarderà tutti i pilastri della sanità: dalla riorganizzazione della rete ospedaliera all'edilizia sanitaria, dall'assistenza farmaceutica ai livelli essenziali di assistenza, dalla revisione del prontuario farmaceutico alla ridefinizione dei piani di rientro. E ancora. I dieci tavoli tecnici istituti a fine luglio si occuperanno di: mobilità interregionale e transfrontaliera; attività intramoenia; accordi collettivi nazionali per la medicina generale, per la pediatria di libera scelta, per gli specialisti ambulatoriali; formazione specifica in medicina generale; personale del Ssn; assistenza primaria-continuità assistenziale; assistenza farmaceutica e dispositivi medici; nuovo sistema informativo; piano nazionale prevenzione; ricerca sanitaria; attuazione del riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali. L'intenzione dei governatori – "non tutti", fanno sapere fonti regionali – sarebbe quindi quella di tenere fuori dal Patto la definizione dei costi standard e delle Regioni benchmark. L'ipotesi che circola è quella di una modifica del decreto legislativo sul federalismo fiscale che li prevede, puntando all'ampliamento delle Regioni di riferimento – al momento cinque (Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia e Veneto), tra le quali ne andrebbero scelte tre – a tutte quelle che non sono in piano di rientro. Entro una settimana le Regioni dovrebbero formalizzare una proposta in tal senso. Fabbisogni e costi standard dovrebbero essere definiti ogni anno dai ministeri della Salute e dell'Economia d'intesa con la Conferenza Stato Regioni. Queste le percentuali di assegnazioni: 5% per la prevenzione, 51% per l'assistenza distrettuale e 44% per quella ospedaliera. E proprio i costi standard sono stati al centro dell'attenzione dei lavori della Conferenza straordinaria delle Regioni che si è tenuta ieri a Roma. Una questione che sembra aver spezzato in due il fronte delle Regioni. Non tanto sull'applicazione dello strumento – tutti li considerano "il futuro della sanità" – quanto sulla tempistica della loro applicazione. "I costi standard vanno applicati, e lo dobbiamo fare noi Regioni prima che lo faccia il Governo", ha detto il presidente del Piemonte, Roberto Cota. Dello stesso avviso il governatore del Veneto Luca Zaia: "Applicare i costi standard in sanità oggi in Italia equivarrebbe a circa 30 miliardi di euro di risparmi, una cifra che permetterebbe di creare molti posti di lavoro. Continuiamo invece a sprecare risorse e a mettere nuove tasse".Alcune Regioni, in particolare quelle del Sud, non sembrano però d'accordo sull'applicazione dei costi standard nel 2013. E chiedono quindi di rimandare tutto nel 2014. "Le Regioni del Sud non sono d'accordo sul riparto per il 2013 anche perché i dieci dodicesimi del riparto sono già stati spesi", ha spiegato Elena Gentile, assessore alla sanità della regione Puglia. "Bisognerà – ha aggiunto – chiedere un incontro al ministro della Salute anche per conoscere la reale portata del Fondo sanitario nazionale. Per ora lavoriamo al buio".