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WWF: Sconcertanti! le affermazioni su aggressioni di lupi in Valdarno

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WWF: Sconcertanti! le affermazioni su aggressioni di lupi in Valdarno

Dispiace constatare ancora una volta, quanto l’argomento “lupo” sia trattato con evidente approssimazione e scarsa conoscenza e basato sul pregiudizio, che purtroppo questa specie si porta addosso come un marchio indelebile. Non possiamo condividere l’attuazione di campagne mediatiche prive di fondamento scientifico e condotte utilizzando termini fuori luogo come “feroce animale selvatico” che inducono a creare nell’immaginario collettivo una falsa immagine quanto mai lontana dalla realtà di un predatore naturale, che come tale agisce.
“Quando si parla di aggressioni da parte di “branchi di lupi” – dichiara Donato Marmorini referente tematico del WWF Arezzo – bisogna ricordare che nel nostro territorio provinciale la presenza di questo predatore si attesta sui 45/55 esemplari, i quali prevalentemente e in piccoli branchi di 3-4 esemplari (in pratica un nucleo familiare), occupano l’areale casentino-valtiberina, con spostamenti sporadici in altre zone.” La riproduzione annuale della specie è spesso vanificata da mortalità naturale, da uccisioni fortuite e dal bracconaggio, tanto che si è constatato nel corso dell’ultimo decennio che la popolazione media non aumenta. Queste informazioni sono emerse durante le divulgazioni scientifiche fatte sull’argomento nel nostro territorio da Enti attendibili come la Provincia di Arezzo. Può accadere, che in certi periodi, trattandosi di un animale che si muove moltissimo, che alcuni di loro possano anche scendere a quote più basse, ma certamente non vi sono popolazioni stabili nella zona del Valdarno, tali da far pensare ad azioni predatorie strutturate e costanti. “Sono prive di qualunque fondamento – prosegue Marmorini – le affermazioni fatte da rappresentanti del mondo agricolo e politico, per i quali il numero di lupi è insostenibile con il territorio aretino. Il lupo, da predatore sta al vertice della catena alimentare e come tale, regola la sua presenza sulla disponibilità delle fonti di sostentamento.” La sua azione predatoria funge anzi da contenimento alla proliferazione delle varie specie di ungulati con le quali si rapporta e la cui accentuata presenza è dovuta in primo luogo al riappropriarsi del bosco in molte zone di collina e montagna abbandonate dall’uomo e per il cinghiale, anche ad azioni illegali di foraggiamento poste in essere da soggetti del mondo venatorio che non si fanno scrupoli in tal senso. Di questo non può certo essere addossata la responsabilità al lupo, il quale esercita ciò che per natura è demandato a fare.
“La certezza che le aggressioni alle greggi siano opera del lupo – continua ancora Marmorini – , la si ha solo attraverso l’esame del DNA, e non certo basandosi su mere supposizioni dovute molto all’emotività, per certi aspetti comprensibile, ma che non è elemento accettabile sulla quale basare una disamina seria sull’argomento.” Purtroppo esiste, ed è invece, un problema sempre più marcato, quello dei cani rinselvatichiti che attuano anche loro attacchi simili ai lupi e con danni ancora maggiori, pur tuttavia questo argomento non viene mai evidenziato da chi lancia gli allarmi. È molto più semplice – e raccoglie molti più consensi – sparare a zero contro un predatore selvatico oggetto da sempre di pregiudizi, che dover ammettere che tali situazioni sono conseguenza di azioni umane deplorevoli come l’abbandono nelle campagne di cani, in particolare quelli da caccia, ritenuti non adatti e quindi non meritevoli di essere mantenuti dai loro proprietari e che pertanto si adattano per sopravvivere allo stato selvatico anche attuando aggressioni a prede evidentemente facili.
E quest’ultimo aspetto va sicuramente rimarcato: “il WWF è solidale con gli allevatori danneggiati dagli attacchi di predatori e ricorda che esiste una legge regionale che prevede il risarcimento dei danni per quanti sono stati effettivamente oggetto di azioni di predazione da parte del lupo. Ma per chi intraprende attività produttive all’aperto in territori dove la presenza di predatori è oramai un fatto assodato – conclude Marmorini – , è indispensabile adottare sistemi di prevenzione, molto semplici e allo stesso tempo efficaci. Il primo, di carattere passivo è sicuramente quello di non lasciare incustodite le greggi, ricoverandole ogni notte in strutture protette, non bastano certamente recinti di filo spinato a proteggere dagli attacchi. È impensabile e fuori luogo pretendere di lasciare animali allo stato brado in territori dove è acclarata la presenza del lupo o di altri canidi.” E certamente affidare la custodia delle greggi a cani da guardia come la razza maremmana abruzzese particolarmente indicata come efficace deterrente contro il lupo e altri canidi, sono sicuramente le misure più efficaci e che, dove attuate, vedono sensibilmente ridotti se non del tutto scomparsi gli atti di predazione. È ovvio che anche il lupo può preferire l’attacco a greggi lasciati incustoditi o comunque non adeguatamente protetti, i quali sicuramente rappresentano una preda più facile da catturare rispetto ad un animale selvatico che sta sempre in allerta.
Parlare di necessità di “controllare” la specie è fuori da ogni ragionevole ipotesi, Il WWF da sempre, consapevole che la protezione del lupo passa anche attraverso una pacifica convivenza con chi vive e lavora nelle zone che esso frequenta, sostiene che l’unica strada percorribile è quella di favorire e incentivare gli allevatori all’attuazione di tali sistemi preventivi e a tal proposito ha supportato attivamente l’allevamento del pastore maremmano abruzzese e si muove in seno alle istituzioni locali e nazionali per individuare le migliori strategie che permettano la sopravvivenza di una specie di eccezionale valore naturalistico e allo stesso tempo il giusto riconoscimento degli eventuali danni subiti a chi intraprende attività produttive mantenendo vive e presidiando zone che vedono la progressiva riduzione di presenza antropica.

Articlolo scritto da: WWF