Home Nazionale Aic, assenza Registro nazionale ha conseguenze contrarie a norme Ue

Aic, assenza Registro nazionale ha conseguenze contrarie a norme Ue

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Milano, 11 dic. (AdnKronos Salute) – In Italia sono attivi circa 400 chiropratici, 300 dei quali aderenti all’Associazione italiana chiropratici. L’Aic stima però che nel nostro Paese vi siano almeno altri 400 operatori ‘abusivi’, persone che offrono prestazioni senza essere in possesso di una laurea che finora era possibile conseguire soltanto all’estero. Ora il pendolarismo potrebbe finire, contrastando anche il fenomeno dell’abusivismo, grazie alla prima Facoltà universitaria di Chiropratica in Italia. Ad avviarla sarà l’ateneo chiropratico americano Life University di Marietta, in Georgia, grazie a un progetto approvato dal Consiglio direttivo universitario e frutto di una collaborazione con l’Aic e l’università degli Studi Link Campus University. Sarà quest’ultima a ospiterà il corso nella sua sede di Roma, vicino a Piazza San Pietro. Le lezioni prenderanno il via nel 2017.
“E’ il coronamento di un sogno – afferma John Gordon Williams, presidente dell’Aic, in occasione di un incontro sulle professioni sanitarie emergenti organizzato questo pomeriggio a Milano – Life University porterà in Italia tutta la propria esperienza, che negli anni le ha consentito di divenire l’università più prestigiosa e qualificata nell’universo della chiropratica. La ricaduta che il corso di laurea avrà sul nostro Paese sarà ampiamente positiva. Si pensi che solo negli Stati Uniti esercitano oltre 80 mila chiropratici, cioè un dottore ogni 4 mila abitanti. In Italia una simile proporzione porterebbe nell’arco di qualche anno ad avere alcune migliaia di professionisti qualificati, con una notevole e benefica ricaduta sulla salute pubblica e sull’occupazione”.
“I nostri obiettivi sono semplici, ma di vasta portata – dichiara Guy Riekeman, presidente di Life University – Vogliamo sostenere lo sviluppo della chiropratica in tutto il mondo e aiutare l’Italia e gli altri Paesi nel compito di creare un’adeguata identità professionale, contribuendo alla definizione di standard internazionali per la formazione del dottore in chiropratica”.
La chiropratica è una professione sanitaria primaria, riconosciuta come tale anche in Italia dalla legge 244 del 2007. Nel comma 2 della normativa era prevista l’istituzione di un Registro dei dottori in chiropratica che ancora non esiste, evidenzia l’Associazione italiana chiropratici, così come il Regolamento di attuazione del comma che lo richiedeva. “L’Aic dialoga da anni con le istituzioni per ottenere l’avvio del Registro stabilito dalla legge”, sottolinea l’associazione. A oggi, infatti, “la mancata emanazione del Regolamento e la mancata istituzione del Registro da parte del ministero della Salute, dovuta anche al fatto che il Miur non ha emanato l’ordinamento didattico dei corsi di laurea in chiropratica nonostante fosse stato in tal senso più volte richiesto, ha 3 effetti” che l’Aic segnala.
Primo: “Le prestazioni chiropratiche sono soggette a Iva poiché, secondo le circolari dell’Agenzia delle entrate, non essendo stato emanato il Regolamento e non essendo stato istituito il Registro sarebbe impedita in concreto la possibilità di individuare le prestazioni di competenza del chiropratico. E’ stato generato un imponente contenzioso in cui a volte le Commissioni tributarie hanno riconosciuto l’esenzione dall’Iva delle suddette prestazioni, ma di recente la Cassazione ha confermato il loro assoggettamento”.
Secondo effetto: “Le prestazioni di manipolazione e mobilizzazione effettuate dai professionisti chiropratici non vengono rimborsate dai fondi di assistenza sanitaria quali il Fasi, l’Inpgi e altri, se non sono state effettuate dietro prescrizione medica in un centro accreditato con il Ssn”. Terzo: “I chiropratici che intendono aprire uno studio privato sono spesso oggetto di ordinanze di chiusura da parte delle Asl, sull’erroneo convincimento che gli stessi non possono esercitare autonomamente. Tutte queste conseguenze sono contrarie alla normativa Ue sulla libera circolazione e sullo stabilimento dei professionsti europei – denuncia l’Aic – perché creano ingiustificate discriminazioni e rendono molto difficile per i professionisti europei esercitare in Italia”.