Home Nazionale Avanza la minaccia dei miliziani Isis, è caos in Iraq

Avanza la minaccia dei miliziani Isis, è caos in Iraq

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Baghdad – Paura, sangue e caos in Iraq travolto da un’ondata di estremismo islamico che ha messo in fuga oltre mezzo milione di civili. Si fa sempre più minacciosa l’espansione dei miliziani qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) che controllano ormai punti nevralgici del Nord (dopo la città di Mosul, i jihadisti hanno preso il controllo di cinque zone nella provincia di Kirkuk) e aree ricche di risorse petrolifere come la provincia di Baiji, tra Baghdad e Mosul.
Il governatore della provincia di Niniveh, Atheel al-Nujaifi, da parte sua, respinge qualsiasi ipotesi di dialogo con l’Isis, ma anche la proposta del governo e della presidenza irachena di imporre lo stato di emergenza. ’’Formeremo comitati popolari a Mosul e non andremo a chiedere la protezione di Baghdad’’, ha spiegato al-Nujaifi che in conferenza stampa ha anche puntato il dito contro “l’esercito e le forze armate che si sono dileguate’’ dopo l’attacco dell’Isis “permettendo che la città venisse catturata’’ dai jihadisti. Per questo, il governatore ha chiesto che “i leader militari vengano processati per aver permesso la caduta di Mosul’’. Senza mezzi termini ha poi affermato che “quello che è successo a Mosul è il collasso del governo di (Nuri, ndr) al-Maliki’’. Inoltre il governatore ha detto di “opporsi alla dichiarazione dello stato di emergenza perché complicherebbe ulteriormente la situazione’’. Rispetto ai jihadisti, “non avvieremo alcun dialogo con l’Isis, ma ci impegneremo per buttarli fuori da Mosul’’, ha aggiunto, affermando che “ci sono notizie di una collaborazione in corso tra l’Isis e il regime siriano’’. Infatti, secondo al-Nujaifi, “l’Isis non ha preso il controllo della città da solo, ma è stato aiutato da altri gruppi’’.
Dal grande Ayatollah Ali Sistani invece pieno sostegno all’esercito iracheno esortando i suoi soldati ad agire con tenacia contro i terroristi. Rivolgendosi al governo di Baghdad, al-Sistani ha chiesto che vengano prese tutte le misure necessarie per combattere i terroristi e proteggere i civili. Il 6 maggio l’Isis aveva diffuso una nota nella quale minacciava di uccidere la massima autorità religiosa degli sciiti in Iraq, al-Sistani, se non avesse lasciato il paese.
LA CONDANNA DEGLI ATTACCHI DI IRAN E SIRIA – Per quanto sta accadendo nel Paese sale la preoccupazione, espressa ieri anche dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. E condivisa da Siria e Iran. “Sottolineiamo che quello che sta affrontando il nostro fratello Iraq è lo stesso terrorismo sostenuto dall’estero che affronta la Siria’’, si legge in un comunicato diffuso dal ministero degli Esteri siriano, che ha quindi chiesto a “tutti i Paesi di lavorare duramente per prosciugare le fonti del terrorismo’’. L’Iran, invece, ha chiesto l’intervento della comunità internazionale. “Data la minaccia mondiale che rappresenta il terrorismo è necessario che i governi e gli organismi internazionali sostengano la nazione irachena in questo momento critico’’, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri iraniano Marziyeh Afkham.Afkham.
L’ESPANSIONE DELL’ISIS – Dalla Siria, dove sono impegnati contro il regime di Bashar al-Assad e i ribelli moderati dell’Esercito libero siriano, all’Iraq, dove da cinque mesi controllano Falluja, nella provincia occidentale di al-Anbar, e dove da ieri hanno conquistato Mosul, capoluogo della provincia occidentale di Ninivieh e seconda città del Paese. Si allarga la minaccia posta alla regione dai jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), impegnato sia contro il regime di Damasco, sia contro quello di Baghdad. Noti per l’uso di tattiche spiegate e attentatori kamikaze, i miliziani dell’Isis sono guidati da Abu Bakr al-Baghdadi e possono contare su migliaia di jihadisti in Siria come in Iraq, molti dei quali anche occidentali. Gli Stati Uniti hanno già parlato di situazione “estremamente serie’’ e avvertito che i gruppi sunniti jihadisti rappresentano “una minaccia per l’intera regione’’. Il timore dei governi occidentali è quello che il gruppo, che tenta di emulare al-Qaeda, possa superare la rete fondata da Osama bin Laden per livello di violenza. Altra preoccupazione è rappresentata dal ritorno in patria di miliziani occidentali che hanno combattuto tra le fila dell’Isis e che possono rappresentare una minaccia interna. Da New York il Soufan Group, che fornisce servizi di intelligence a governi e multinazionali, stima che siano 12mila i combattenti stranieri impegnati in Siria, tra cui tremila occidentali. L’80 per cento dei miliziani occidentali in Siria ha aderito all’Isis, ha stimato il professor Peter Neumann del King’s College di Londra.
A differenza di altri gruppi impegnati a combattere il regime di Assad, l’Isis lavora per la fondazione di un emirato islamico che comprenda Siria e Iraq. Rispetto alla filiale di al-Qaeda in Siria, il Fronte al-Nusra, vanta inoltre una maggiore facilità di affiliazione per chi ne voglia far parte. L’Isis, inoltre, si rivolge direttamente ai non arabi pubblicando comunicati e diffondendo video su Internet in lingua inglese, o sottotitolati. Lo stesso gruppo jihadista rivendica di avere tra le sue fila miliziani provenienti dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Germania e da altri Paesi europei, ma anche dagli Stati Uniti e dall’intero mondo arabo, oltre che dal Caucaso. La maggior parte dei comunicati è stata diffusa dallo stesso leader al-Baghdadi, che a differenza del capo di al-Qaeda Ayman al-Zawahri svolge un ruolo tattico e di comandante sul campo. Nato a Samarra nel 1971 ed entrato a far parte della rivolta scoppiata in Iraq appena dopo l’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2003, al-Baghdadi si credeva ucciso in un raid condotto dalle forze americane nell’ottobre 2005 al confine con la Siria. La notizia venne poi smentita e nel maggio del 2010 al-Baghdadi ha assunto la guida dell’Isis dopo l’uccisione di altri suoi due leader in un raid Usa. Nell’ottobre 2011 la Casa Bianca lo ha inserito nella lista dei terroristi. Nel 2013 l’Isis ha allargato il suo raggio d’azione alla Siria, dove nel marzo del 2011 era esplosa la rivolta contro il regime di Assad. Qui al-Baghdadi ha cercato un accordo con il Fronte al-Nusra, che lo ha respinto, mentre il leader di al-Qaeda al-Zawahri ha disconosciuto le azioni dell’Isis in Siria sostenendo che avrebbe dovuto concentrarsi sull’Iraq. Ed è allarme Isis anche in Algeria. Lungo i confini con Libia e Tunisia sono state mobilitate forze di sicurezza per evitare infiltrati Isis provenienti dai due Paesi vicini e che in Algeria intendono creare la base di uno ‘Stato islamico nel Maghreb e nel Sahel’.