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Banche: italiane ‘faticano’ a esame Bce, bocciate Mps e Carige/Adnkronos

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Roma, 26 ott. (AdnKronos) – Le banche italiane ‘faticano’ all’esame della Bce. Due non superano gli stress test, Mps e Carige, due si salvano solo con le ultime misure aggiuntive, Bpm e Popolare Vicenza, cinque (Banco Popolare, Bper, Pop. Sondrio, Creval e Veneto Banca) con le misure di rafforzamento del 2014. Ma il dato rilevante è quello che riguarda la svalutazione degli attivi a seguito della Asset quality review: 12 miliardi (3,5% degli asset) per le banche italiane, il dato peggiore in Europa. Seconda la Grecia con 7,6 miliardi, mentre la Germania si ferma a 6,7 miliardi. In questo scenario, comunque, arrivano le assicurazioni di Bankitalia e Tesoro: il sistema è solido, non ci sono rischi per i risparmiatori. A pesare, puntualizza Via Nazionale, in una simulazione “apocalittica, quando ancora non siamo all’apocalisse”, solo le ipotesi di crescita bassa e i pochi aiuti pubblici concessi.
I risultati italiani si inseriscono nel quadro di quelli europei: 25 bocciature, che scendono a 13 considerando le misure aggiuntive 2014, e una carenza di capitale totale di 10 miliardi. In tutto, alle due banche italiane bocciate sono richiesti interventi ‘riparatori’ per 2,9 mld: 2,1 per Mps, che diventano 1,35 mld senza considerare il rimborso dei Monti bond, e 814 mln per Carige.
Proprio da Genova, in attesa di Siena, arriva la prima risposta ‘operativa’. Carige si prepara a garantire la copertura della carenza di capitale da 814 mln indicata dalla Bce “prevedendo un aumento di capitale per un importo non inferiore a 500 milioni” e operazioni di dismissione delle attività del gruppo “operanti nel comparto assicurativo e nei settori del private banking e credito al consumo”. Non solo. La banca ha acquisito l’impegno di Mediobanca a “pre-garantire fino a 650 milioni l’integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale, qualora il maggiore importo venisse ritenuto necessario ai fini della validazione delle misure del Capital Plan da parte della Bce”. (segue)
Il ‘caso’ più scottante resta Mps. L’esigenza di capitale finale necessaria per fronteggiare gli eventi sfavorevoli ipotizzati nello scenario avverso dello stress test è pari a 2,11 mld. Sotto la guida dei nuovi vertici, evidenzia comunque Bankitalia, “sono stati conseguiti importanti risultati, in particolare sul piano della razionalizzazione organizzativa e dell’abbattimento dei costi”. E il risultato del Comprehensive Assessment “riflette il forte impatto dello scenario avverso dello stress test, che non ha considerato le ipotesi previste nel piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione europea. Il fabbisogno di capitale rilevato è in parte determinato dall’ipotesi di restituzione entro l’orizzonte dello stress test della parte residua degli aiuti di Stato di cui la banca ancora beneficia in linea con l’impegno preso con la Commissione europea”.
Non tenendo conto di tale impegno, la carenza di capitale risulta pari a circa 1,35 mld. La banca, che sabato sera ha già riunito il consiglio di amministrazione, dice Bankitalia, ora sottoporrà un piano di rafforzamento patrimoniale e le conseguenti modifiche del piano di ristrutturazione, rispettivamente, alle autorità di vigilanza e alla Commissione europea. In cda, conferma in una nota Mps, è stato avviato l’esame delle potenziali azioni da includere nel Capital Plan, con il sostegno di Ubs e Citigroup quali advisors finanziari.
Ma la prospettiva di una aggregazione resta per Rocca Salimbeni una strada auspicabile, forse obbligata. “Se ci fosse, a prescindere dallo short fall ma ancora di più con questo esercizio, un’operazione che rendesse Mps più forte e permettesse di aumentare il suo sostegno all’economia non saremmo felici, ma di più”, dice eloquentemente Fabio Panetta, vice direttore generale di Bankitalia. Via Nazionale, infatti, “non ha preclusione a qualsiasi eventualità che possa rendere le banche interessate più robuste, più forti per sostenere la crescita dell’economia”. A maggior ragione nel caso di Mps che “è una banca in convalescenza”.
Guardando all’intero sistema, i risultati dell’esame Bce vengono letti con fiducia da Bankitalia, Tesoro e Abi. “Il risultato è rassicurante e per noi non è stato inatteso. Il sistema bancario italiano mostra la sua solidità”, evidenzia a caldo Panetta. “Non siamo sorpresi dai risultati nel loro complesso” aggiunge. Il sistema, infatti, “è solido e in grado di finanziare l’economia”. Concetti, questi, che ricorrono anche nell’analisi del Tesoro. Le banche italiane “si sono preparate per tempo al Comprehensive Assessment, completando operazioni di rafforzamento patrimoniale, cui il mercato ha risposto positivamente, riconoscendo la solidità del sistema bancario italiano anche prima della pubblicazione dei risultati del Comprehensive Assessment”, evidenzia il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
Guardando avanti, il ministro confida che “le residue carenze patrimoniali saranno coperte con ulteriori operazioni di mercato, e che la trasparenza assicurata dal Comprehensive Assessment permetterà di portarle a compimento agevolmente”. Padoan, quindi, conferma il suo “impegno per la tutela della stabilità finanziaria e per contribuire a migliorare ulteriormente la capacità di resistenza del settore bancario, quale parte della strategia globale per il sostegno della crescita a livello Ue”. Anche dall’Abi arrivano valutazioni improntate all’ottimismo. “Dai rigorosi esami europei emerge un mondo bancario italiano complessivamente solido, anche con gli ingenti aumenti di capitale effettuati, e pronto a sostenere la ripresa con nuovi prestiti a imprese e famiglie”, rivendica il presidente Patuelli.
Quanto alla Bce, la prospettiva è quella della vigilanza unica bancaria. Gli esami pubblicati oggi, assicura il presidente del comitato di vigilanza, Danielle Nouy, rappresentano solo “il primo passo” verso una vigilanza unica che “sarà rigorosa, giusta e indipendente”. Intanto, rileva il vicepresidente Vitor Constancio, le banche dell’area Euro sottoposte all’esame della Bce hanno rafforzato il proprio capitale, complessivamente, per 203 miliardi di euro. D’altra parte, sono emersi 136 miliardi aggiuntivi di prestiti deteriorati.