Home Nazionale Bufera su Uber in Australia: “Tariffe più care nella zona degli ostaggi”. Poi l’App fa marcia indietro

Bufera su Uber in Australia: “Tariffe più care nella zona degli ostaggi”. Poi l’App fa marcia indietro

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Sydney, 15 dic. (AdnKronos) – Nuove polemiche su Uber. Nelle ore in cui a Sydney un uomo si trova asserragliato in una cioccolateria con alcuni ostaggi, la popolare App che mette in contatto tramite smartphone autisti e passeggeri comunica via Twitter che “le tariffe del servizio sono aumentate per incoraggiare più autisti a farsi trovare on line per venire a prendere i passeggeri nella zona”.
Secondo quanto riporta Le Figaro, la società americana di noleggio avrebbe proposto in media prezzi quattro volte superiori a quelli normalmente praticati in questa zona della città. Una decisione che ha scatenato l’indignazione del web. E la mobilitazione on line ha portato la popolare App a fare retromarcia, pubblicando poche ore dopo sul proprio sito un post in cui annuncia di essere “preoccupati per gli eventi di Sydney. Uber sta provvedendo a garantire corse gratuite per aiutare le persone a tornare a casa in sicurezza – si legge – i nostri pensieri sono con le persone coinvolte e con le forze di polizia”. Inoltre, aggiunge la società, “stiamo provvedendo a rimborsare” coloro che sono si trovati a pagare le tariffe più care, invitandoli a contattare l’indirizzo e-mail [email protected].

Nei giorni scorsi la popolare App è stata al centro di numerose proteste legate alle licenze in diversi Paesi e coinvolta in polemiche legate alla sicurezza del servizio. Uber è stato messo al bando in Brasile
, con la motivazione che gli autisti non hanno una licenza adeguata, poi vietato in Spagna
, dove un tribunale ha definito il servizio “concorrenza sleale” nei confronti dei tassisti, e infine in India, su decisione delle autorità di Nuova Delhi, in seguito alla denuncia di violenza sessuale di una donna che aveva prenotato il servizio dopo una cena con amici. Decisione non condivisa dal ministro dei Trasporti indiano, Nitin Gadkari, per il quale “non è una soluzione per prevenire gli stupri”.