Home Attualità Economia Come la crisi “trasforma” la sicurezza sul lavoro: vent’anni dopo la 626

Come la crisi “trasforma” la sicurezza sul lavoro: vent’anni dopo la 626

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Come la crisi “trasforma” la sicurezza sul lavoro: vent’anni dopo la 626
Marco Rossi - Responsabile del Dipartimento sicurezza della Cgil di Arezzo e Presidente del Coordinamento Comitati Provinciali Inail Toscana

Le vittime sul lavoro nei primi sette mesi dell’anno? 413 in Italia, 19 in Italia e 5 (di cui 2 in itinere) in provincia di Arezzo. Commenta Marco Rossi, responsabile del Dipartimento sicurezza della CgildiArezzo e Presidente del Coordinamento Comitati Provinciali InailToscana: “sarebbero sufficienti questi numeri  a confermare che il ventesimo “compleanno” della 626, la legge sulla sicurezza sul lavoro, non può essere assolutamente occasione di festa. Tanto più che questi rappresentano soltanto la punta dell’iceberg. Pensiamo a quanti occupati abbiamo perduto in questi anni e come siano drasticamente diminuite le ore lavorate, soprattutto nei settori più a rischio: le morti sul lavoro vanno messe in relazione alla quantità di lavoro effettivamente svolto.

Pensiamo poi agli infortuni non mortali. Quelli di piccola entità talvolta non vengono denunciati oppure “mascherati” da infortuni domestici. La motivazione: non diventano di competenza Inail e quindi non aumenta il premio assicurativo delle imprese. Se cadi da una scala sul lavoro diventi caso Inail ma se al pronto soccorso dici che sei caduto da una scala a casa, allora sei un caso Inps. La crisi economica, tra i molti effetti deleteri che produce, sta determinando un calo d’attenzione ai temi della sicurezza. Nel nostro Paese questa è sempre stata considerata un “costo” e scaricata sulla fiscalità generale. In questo modo rimane visibile il gravissimo costo umano degli infortuni e delle morti sul lavoro ma viene “nascosto” e comunque minimizzato, il costo economico per il paese”.

Vent’anni dopo la 626 – prosegue Rossi – “è ormai chiaro che dobbiamo chiudere un capitolo e aprirne un altro. E deve essere fatta una scelta non solo eticamente ma economicamente valida: dobbiamo puntare sulla prevenzione e sulla formazione. Analisi di istituti specializzati ci dicono che la fascia generazionale più esposta agli infortuni è quella dei giovani: non hanno quello che nornalmente è il fattore di protezione principale e cioè l’esperienza, la conoscenza empirica del rischio”.

Rossi è chiaro: “in questi anni se quella della prevenzione fosse stata un’azienda, oggi sarebbe fallita. Al contempo, e in modo direttamente proporzionale, si è fortemente sviluppata quella che ruota attorno al post incidente a fatta di molteplici professionalità. Questo meccanismo va spezzato adesso perché la crisi economica rischia di renderlo sempre più pericoloso”.

“Dobbiamo progettare e realizzare un nuovo tipo di prevenzione e di formazione – conclude Marco Rossi. Arezzo è stata una provincia – pilota con l’accordo tra sindacati, imprese e istituzioni. Dobbiamo riprendere quella strada anche perché è evidente la connessione tra impresa sicura e impresa efficiente. Operare sulla sicurezza vuol dire intervenire sui processi produttivi e migliorarli, intervenire sulla formazione dei dipendenti e migliorare la loro professionalità. Un’impresa sicura è quindi anche un’impresa efficiente con maggiori possibilità di resistere alla crisi e di affrontare il futuro”.