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Crisi: Censis, svuota culle, 62.000 nati in meno all’anno

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Roma, 1 ott. (AdnKronos Salute) – Meno figli a causa della crisi. La difficile condizione economica che stiamo vivendo scoraggia soprattutto i giovani fino a 34 anni a decidere di avere un bambino. Nel 2013 in Italia si è registrata una riduzione delle nascite del 3,7% rispetto all’anno precedente, con un calo del tasso di natalità da 9 a 8,5 nati per mille abitanti. Dall’inizio della crisi a oggi sono più di 62.000 i nati in meno all’anno, secondo i dati della ricerca del Censis ‘Diventare genitori oggi. Indagine sulla fertilità/infertilità in Italia’, realizzata in collaborazione con la Fondazione Ibsa e presentata oggi a Roma.
Siamo passati – indicano le rilevazioni del Censis – dai 576.659 bambini del 2008 ai 514.308 del 2013: mai così pochi nella storia d’Italia (le serie storiche ufficiali partono dal 1862), nonostante l’aumento nel tempo della popolazione, i progressi della medicina e il contributo degli immigrati residenti. E tra gli italiani c’è una diffusa consapevolezza sul problema di denatalità che affligge il Paese: l’88% sa che oggi si fanno pochi figli.
Il fenomeno viene spiegato soprattutto con motivi economici. Per l’83% la crisi rende più difficile la scelta di avere un figlio. E la percentuale supera il 90% tra i giovani fino a 34 anni, cioè le persone che subiscono maggiormente l’impatto della crisi e allo stesso tempo sono maggiormente coinvolte nella decisione della procreazione.
Il 61% degli italiani, però, è convinto che le coppie sarebbero più propense ad avere figli se migliorassero gli interventi pubblici. Sgravi fiscali e aiuti economici diretti sono le principali richieste (71%), il 67% segnala l’esigenza di potenziare gli asili nido, il 56% fa riferimento ad aiuti pubblici per sostenere i costi per l’educazione dei figli (rette scolastiche, servizi di mensa o di trasporto).
“Il fatto che il 2013 è l’anno in cui si sono fatti meno figli in Italia, compresi gli anni delle guerre, nonostante nel tempo sia aumentata la popolazione e il numero di immigrati, e nonostante i progressi medici e l’allungamento dell’aspettativa di vita, dovrebbe farci riflettere sugli effetti profondi che il perdurante stato di crisi sta producendo sul vissuto reale dell’Italia di oggi e del futuro”, commenta Giuseppe Zizzo, segretario della Fondazione Ibsa.