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Ebola: infettivologi, rapporti sessuali veicolo contagio anche dopo guarigione

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Roma, 8 sett. (AdnKronos Salute) – “I rapporti sessuali possono rappresentare un veicolo di diffusione dell’infezione del virus Ebola anche 6-7 settimane dopo la guarigione”, spiega Antonio Chirianni, vice presidente della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit). Mentre secondo gli infettivologi “è la Sicilia la regione costiera più esposta al rischio di importazione della malattia da virus Ebola, per il numero di aree portuali dove sbarcano periodicamente clandestini provenienti dai Paesi africani. Non si può escludere del tutto – avvertono gli esperti – la probabilità che l’infezione giunga anche in Italia, sebbene non vi siano voli diretti dai Paesi endemici”.
“In Europa e in Italia – sottolinea la Simit – sono comunque state attivate tutte le possibili misure di prevenzione a livello nazionale, regionale e locale, comprese la profilassi in porti e aeroporti”. Secondo gli esperti, “dopo il caso spagnolo anche l’Italia è in stato di allerta, sono state attivate tutte le possibili misure”. Ma “il lungo tempo di incubazione, fino a 21 giorni, dell’infezione da virus Ebola può comportare – precisano gli specialisti – la probabilità che un individuo asintomatico proveniente dai Paesi endemici manifesti la malattia al suo arrivo in Europa”.
Quanto al rischio contagio legato ai rapporti sessuali, “sebbene l’infezione si trasmetta mediante contatto interumano diretto con organi, sangue e fluidi biologici – evidenzia Chirianni – è importante anche evidenziare che il virus permane a lungo nello sperma e che, pertanto, i rapporti sessuali possono rappresentare un veicolo di diffusione dell’infezione anche 6-7 settimane dopo la guarigione”.
“Oggi – prosegue il vice presidente Simit – appare notevolmente difficile contenere il traffico aereo ed impedire, dunque, gli spostamenti internazionali. Inoltre in molti dei territori colpiti dall’epidemia, quali la Liberia, la Guinea e la Sierra Leone, sono scarsi i sistemi di controllo”.
“La Sicilia – prosegue Chirianni – per motivi geografici sembra essere la regione più interessata dal potenziale contagio, a causa dei periodici sbarchi di clandestini lungo le sue coste. E’ pur vero, però – ribadisce – che nelle diverse regioni italiane sono attivi sistemi di sorveglianza e, inoltre, procedure per i casi sospetti possono essere messe in atto in collaborazione con i due centri di riferimento, quali l’Istituto nazionale di malattie infettive Spallanzani di Roma e l’azienda ospedaliera Sacco di Milano”.
Quanto alla “rete infettivologica della regione campana – aggiunge Chirianni – è in grado di rispondere alle istanze previste dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità, finalizzate all’attuazione delle procedure necessarie all’individuazione dei casi sospetti di infezione da virus Ebola, al loro trasporto presso il pronto soccorso ed al loro isolamento in attesa dell’accertamento diagnostico”.