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Gli States secondo Rockwell a Palazzo Sciarra

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Roma, 11 nov. (AdnKronos) – Gli Stati Uniti secondo Norman Rockwell, ovvero l’autopercezione degli States per un lungo periodo della storia Usa, sono i protagonisti della mostra che, da oggi all’8 febbraio prossimo, è presentata da Fondazione Roma Museo – Palazzo Sciarra con il titolo ‘American Chronicles: The Art of Norman Rockwell’, curata da Danilo Eccher (Direttore della GAM di Torino) e Stephanie Plunkett (Chief Curator del Norman Rockwell Museum).
La mostra, per la prima volta in Italia, è una retrospettiva sul percorso creativo di Norman Rockwell (1894-1978), uno dei più acuti osservatori e narratori della società statunitense, spesso citato con l’appellativo di “Artista della gente”. Le sue illustrazioni, minuziose e lievi, dirette al cuore più che alla mente, hanno descritto per più di cinquant’anni (dagli anni Dieci ai Settanta), sogni, speranze e ideali, riflettendo e allo stesso tempo influenzando comportamenti e pensieri degli americani del XX secolo. Nelle tavole dell’autore emergono personaggi positivi, rassicuranti, fiduciosi, familiari e, proprio perché tali, coinvolgenti. L’osservazione della realtà in Rockwell si fa pittura e al contempo storia, la storia di un mito, quello americano, che va ben oltre il confine degli Stati Uniti.
Il corpus delle opere dell’artista, ben rappresentato in mostra, è molto vario; alterna infatti la spensieratezza delle origini, racchiusa nell’espressione di un fanciullo che fugge per una marachella, come ad esempio in ‘No Swimming’ del 1921, a tematiche civili come il dramma dell’apartheid, rappresentato, ad esempio, dalla bambina afroamericana che, in ‘The Problem We All Live With’ (opera del 1964), per avvalersi del diritto all’istruzione viene scortata a scuola dagli sceriffi federali.
A New York, la metropoli moderna che gli aveva dato i natali, Rockwell ha sempre preferito la campagna e i piccoli centri; contro quel mondo patinato scelse la famiglia americana, con le sue gioie e le sue piccole conquiste. L’artista ha creato un immaginario e uno stile unico, fatto di un realismo minuzioso e allo stesso tempo tenue, di colori non stridenti ma armonici, di scene dal taglio fotografico, animate da protagonisti che ricordano il cinema di Frank Capra o Billy Wilder, i romanzi di Dickens e i fumetti di Walt Disney.
La mostra è promossa dalla Fondazione Roma, organizzata dal Norman Rockwell Museum di Stockbridge, Massachusetts, e dalla Fondazione Roma- Arte-Musei, in collaborazione con La Fondazione NY e la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma.
L’apertura della mostra è dedicata alle origini degli Stati Uniti, American Roots, sospese fra verità, letteratura e mito. In questa sezione troviamo il ritratto di Abramo Lincoln, ancora geniale avvocato e già eroe della nazione (‘Lincoln for the Defense’, 1961), ma anche ‘Ichabod Crane’ (1937 ca.), personaggio tratto dal romanzo americano ‘La leggenda di Sleepy Hollow’ (1820) di Washington Irving. Le radici americane secondo Rockwell sono raffigurate nel ‘Family Tree’ (1959), albero genealogico che rappresenta le origini leggendarie degli Stati Uniti, una controversa unione di indiani d’America e cowboy, principesse spagnole e puritani, nella quale trovano spazio anche pirati e gente comune.
Il racconto della storia americana continua e si amplifica attraverso il nucleo di 323 copertine originali del Saturday Evening Post – elaborate da Rockwell fra il 1916 e il 1963 – che testimoniano la lunga collaborazione dell’artista con il settimanale americano. Nella società dell’epoca le riviste costituivano un potente mezzo divulgativo; i giornali erano riccamente illustrati e avevano un ampio bacino di lettori perché spesso scambiati in famiglia e tra amici.
La sezione Shaping an American Aesthetic indaga la relazione fra arte e illustrazione. Rockwell ha contribuito alla creazione di una peculiare estetica statunitense, creando opere “più vere del vero”, in cui realismo minuzioso e finzione grafica sono saldamente intrecciati: ne sono un esempio ‘Lubalin Redesigning Post’ (1961), che mostra il grafico Herbert Lubalin di spalle, nel suo studio, mentre progetta un nuovo logo per il Post, e ‘Triple Self-Portrait’ (1959), nel quale l’artista si rappresenta nell’atto di dipingere il suo stesso ritratto.
La relazione tra arte e grafica continua nella serie di ritratti del 1965, realizzati da Rockwell per la locandina del film ‘Stagecoach’ ‘(I 9 di Dryfork City’), remake del celebre western del 1939. La sezione Tomorrow è dedicata ai “piccoli-grandi” protagonisti delle opere di Rockwell, i bambini. Vivaci e indisciplinati, sono il simbolo dello stile di vita americano e del suo benessere crescente. Conscio della loro efficacia comunicativa, Rockwell li ritrae in svariate campagne pubblicitarie, come ad esempio in quella ideata per Kellogg’s, dove i bambini appaiono spavaldi e sani (Beanie, Freckles, Girl with String, Sis – 1954-55).
L’artista rappresenta anche i momenti più difficili della vita degli adolescenti. È il caso di ‘Girl at the Mirror’ (1954), ritratto di una ragazza alle prese con i complessi dell’adolescenza, o il celebre ‘The Runaway’ (1958), nel quale traspare il bisogno di indipendenza del piccolo fuggiasco. I bambini, speranza del futuro, introducono il visitatore al tema American Dream. Il sogno americano viene descritto soprattutto attraverso i valori morali fondanti della nazione: l’esempio dei più saggi, ai quali Rockwell affida spesso un ruolo di guida nei confronti dei più giovani, e quello dei più coraggiosi, come il protagonista di ‘A Scout is helpful’ (1939), impegnato con sguardo eroico nel salvataggio di una bambina dopo un uragano.
La mostra si chiude con le opere più impegnate sul fronte sociale, raccolte assieme nella sezione ‘Problems and Perspectives’. È il gennaio del 1941 quando il presidente Franklin D. Roosevelt delinea la propria visione della società post bellica, fondata su quattro irrinunciabili libertà (Four Freedoms): la libertà di parola, la libertà di culto, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura.
Rockwell le rappresenta nei dipinti Freedom of Speech, ‘Freedom of Worship’, ‘Freedom from Want’, ‘Freedom from Fear’ (1943), in cui ritrae persone comuni, famiglie affettuose e assemblee pacifiche. La serie, pubblicata su The Saturday Evening Post, ebbe un enorme successo di pubblico, tanto da essere oggetto di un’esposizione itinerante per gli Stati Uniti, al fine di promuovere la raccolta di fondi per la guerra.