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I Verdi chiedono l’Unione Energetica Verde, ma serve una politica industriale

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Roma, 13 ott. – (AdnKronos) – Su efficienza energetica e rinnovabili “serve una politica industriale”. Così Francesco Ferrante (Green Italia – Verdi Europei) presentando oggi il progetto per l’Unione Energetica Verde europea, un’agenda di investimenti per creare posti di lavoro, contribuire a fermare il cambiamento climatico e affermare l’indipendenza energetica in un’Europa i cui Paesi pagano più di un miliardo di euro al giorno per importare petrolio, gas e carbone.
Insomma: l’obiettivo è quello di produrre la nostra energia nel nostro continente, trasformando i cittadini in produttori-consumatori. Nel 1990, abbiamo importato il 62% del nostro fabbisogno energetico, con un aumento giunto sino al 75% nel 2008; secondo la Commissione Ue, nel 2012 il conto netto delle importazioni di petrolio e gas ammontava a più di 400 miliardi di euro, ovvero circa il 3,1% del Pil dell’Unione. Lo rileva il dossier presentato oggi in occasione del convegno “Rinnovabili e risparmio energetico: l’opportunità di creare nuovi posti di lavoro in Italia e in Europa”.
Per questo serve un’Unione Energetica Verde, cioè una politica energetica comune sulla base di energie rinnovabili ed efficienza energetica, con l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini Ue l’accesso a un sistema di energia (tra i 50 e i 125 milioni di cittadini Ue ancora oggi sono soggetti a carenza energetica) a prezzi accessibili, sicuro e sostenibile e che sia indipendente dai combustibili importati e dalle tecnologie pericolose. Il progetto vede l’Europa trasformarsi in un “leader verde” in grado di generare esportazioni del valore aggiunto pari a 25 miliardi di euro all’anno e ridurre la bolletta energetica di ben 350 miliardi di euro l’anno entro il 2050.
Un’opportunità anche per creare nuovi posti di lavoro: secondo il dossier, raggiungendo a livello comunitario gli obiettivi vincolanti al 2030 per la quota di energia rinnovabile (45%), l’efficienza energetica (40%) e riduzione delle emissioni (60%), si creerebbero fino a 2 milioni di posti di lavoro nel settore dell’efficienza energetica entro il 2020 e potenzialmente altri 2milioni di posti fino al 2030.
Un esempio virtuoso esiste già. “Il Portogallo è l’unico paese Ue che è riuscito ad affrancarsi dal bisogno di gas e petrolio, riducendo le importazioni del 70%, convertendo le strutture esistenti al fine di produrre energia eolica e puntando sulle auto elettriche. E potrebbe iniziare a produrre tanto da poter esportare l’energia prodotta da fonti rinnovabili”, dichiara Claude Turmes, deputato del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo.
Gli Stati Membri sono oggi dipendenti dalle importazioni provenienti da altri Paesi per il 90% del loro fabbisogno di petrolio, per il 95% del loro fabbisogno di uranio, oltre il 60% del fabbisogno di gas e di oltre il 40% dei combustibili solidi quali carbon fossile. Una dipendenza che può essere drasticamente tagliata grazie alla “solidarietà” che consentirebbe a tutti i gli Stati Ue di beneficiare di un approvviggionamento pari quasi al 100% di energia sostenibile entro il 2050 sfruttando le potenzialità energetiche ‘green’ l’uno dell’altro (biomassa ed energia idroelettrica dei Paesi dell’Europa orientale, l’eolico del Mar Baltico, il solare dei Paesi del Sud e ancora eolico e idroelettrico dai Paesi nordici).
Ma per rendere la “solidarietà rinnovabile europea” fattibile, serve una rete europea interconnessa intelligente che colmi i collegamenti mancanti tra le infrastrutture energetiche Ue. Solidarietà a parte, l’Unione Energetica Verde passa attraverso una legislazione comune su emissioni, efficienza energetica ed energie rinnovabili; una strategia di investimenti radicale verso soluzioni sostenibili; l’eliminazione graduale di tutte le sovvenzioni dirette e indirette ai combustibili fossili, l’eliminazione graduale del settore dei combustibili fossili, misure sociali per coloro che lavoro nel settore del fossile.
E poi, tra gli altri strumenti, disinvestimenti (il denaro in fondi pensione deve essere ri-diretto da carbone e petrolio a energia solare ed eolica); un fondo di risparmio energetico (entrate fiscali da utilizzare per la ristrutturazione ogni anno del 3% del patrimonio edilizio esistente); un conto di risparmio verde europeo (permetterebbe un regime fiscale agevolato per gli investimenti in rinnovabili ed efficienza); divieto di shale gas.