Home Nazionale Il ritorno del camoscio appenninico, superati i 2mila esemplari

Il ritorno del camoscio appenninico, superati i 2mila esemplari

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(AdnKronos) – A inizio ‘900, nell’area che poi sarebbe diventata il Parco Nazionale d’Abruzzo, sopravvivevano poco più di 30 esemplari di camoscio appenninico, un numero troppo esiguo per garantire la sopravvivenza della specie. E se la situazione non fosse mutata, si sarebbe perso per sempre un animale di grandissima importanza per la biodiversità. Il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) è infatti una sottospecie endemica per l’Italia, questo significa che questo animale si trova esclusivamente nel nostro Paese e in nessun’altra parte del mondo.
Per fortuna però, le cose sono andate diversamente, e proprio in questi giorni è stata data la notizia che il camoscio appenninico ha superato i 2.000 esemplari. Per fare il punto sullo stato di conservazione di questo mammifero studiosi di tutto il mondo si sono dati appuntamento a Lama dei Peligni nel Parco della Majella, per un congresso internazionale, momento di chiusura del progetto Life dell’Unione Europea ‘’Coornata’’, promosso dal Parco della Majella insieme a Legambiente e a tutti i parchi dell’Appennino.
Il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il Parco Regionale Sirente Velino per la prima volta hanno sviluppato in maniera congiuntale attività di conservazione su questa sottospecie vulnerabile.
‘’Il camoscio più bello del mondo, come viene unanimemente definito dagli zoologi il camoscio appenninico – spiega Franco Iezzi, presidente del Parco della Majella – può essere considerato a pieno titolo ambasciatore dei parchi italiani. Non solo rappresenta un caso di successo internazionale per le politiche di conservazione di una specie a rischio, ma la sua tutela è legata strettamente a quella del territorio in cui vive e alle politiche di istituzione delle aree protette’’.
‘’Proteggere questo importante animale, significa conservare in buona salute anche il suo habitat con conseguenti ricadute positive a cascate su altre specie presenti, animali o vegetali che siano”, aggiunge Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente.
Il camoscio appenninico non va confuso con il più diffuso camoscio alpino che è proprio una specie diversa (Rupicapra rupicapra), ampiamente diffuso sull’arco alpino, che gode di un regime di protezione inferiore, maggiormente imparentato con i camosci nord-orientali, rispetto a quello appenninico che invece appartiene ai camosci sud-occidentali, che lo rendono più simile ai camosci presenti in Spagna.