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Iraq: Panetta, dovevamo lasciare truppe nel Paese ma Obama era contrario

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Washington, 3 ott. -(AdnKronos) – Dopo il botta e risposta a mezzo stampa tra Barack Obama e l’intelligence Usa sulle responsabilità dell’ascesa dello Stato Islamico in Iraq, un’altra voce autorevole si aggiunge al dibattito. E’ quella dell’ex numero uno del Pentagono e direttore della Cia Leon Panetta che, nel suo libro di memorie in uscita in questi giorni, accusa il presidente e una parte dei suoi consiglieri alla Casa Bianca di essersi “lavati le mani” della questione irachena dopo il ritiro delle truppe Usa alla fine del 2011.
Nel suo “‘Worthy fights: a memoir of leadership in war and peace’, Panetta scrive che la Casa Bianca era “così ansiosa di liberarsi dell’Iraq” che i consiglieri spinsero Obama a decidere per il ritiro totale delle truppe dal Paese, anziché impegnarsi seriamente nel negoziato con il governo di Baghdad per permettere la permanenza di un contingente militare Usa anche dopo il 2011.
“Con mia frustrazione -scrive l’ex segretario alla Difesa – la Casa Bianca coordinò i negoziati, ma non li condusse mai sul serio”, lasciando che il Pentagono e il dipartimento di Stato li portassero avanti “senza l’attivo patrocinio del presidente”. Il riferimento è allo ‘Status of forces agreement’, o Sofa, l’accordo che gli Stati Uniti firmano con tutti i Paesi nei quali sono presenti militarmente e che fornisce la cornice legale alla permanenza delle truppe Usa.
L’allora premier iracheno Nouri al-Maliki, ricorda Panetta, insistette affinché l’accordo fosse approvato dal Parlamento di Baghdad, profondamente diviso al suo interno. La decisione, di fatto, indirizzò l’accordo su un binario morto e impedì la permanenza di un contingente Usa anche dopo il ritiro del grosso delle truppe alla fine del 2011. Per Panetta, la Casa Bianca non fece sufficienti pressioni sul premier iracheno e rinunciò ad usare la ‘leva’ dei miliardi di dollari di aiuti per la ricostruzione per spingerlo ad impegnarsi per la firma dell’accordo.
“Il mio timore, come espressi al presidente e ad altri -scrive Panetta – era che se il Paese si fosse diviso o fosse nuovamente scivolato nella violenza che avevamo visto negli anni immediatamente successivi all’invasione Usa, sarebbe potuto diventare un nuovo rifugio per i terroristi che volevano organizzare attacchi contro gli Stati Uniti”. Un timore, quello di Panetta, poi materializzatosi nella violenza che ha sconvolto l’Iraq dopo il ritiro americano e nell’ascesa dell’Is.
“Privatamente e pubblicamente”, Panetta tentò di sostenere le ragioni per la permanenza di una “forza residuale che potesse fornire addestramento e sicurezza all’esercito iracheno”. Sebbene gli Stati Maggiori e i comandanti militari Usa presenti in Iraq fossero d’accordo con Panetta, “il team presidenziale alla Casa Bianca respingeva l’idea e le differenze, a volte, si fecero accese”. Obama, insomma, voleva “liberarsi dell’Iraq” ed era “intenzionato a ritirarsi, invece che impegnarsi in accordi che avrebbero preservato la nostra influenza e i nostri interessi”.