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Non c’è doping in discesa: Fabio Genovesi al Giardino

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Non c’è doping in discesa: Fabio Genovesi al Giardino

Lo sport riserva sempre grandi imprese e intense emozioni, rappresentando un meraviglioso serbatoio a cui la letteratura può attingere per prelevare storie e racconti proprio come in Tutti primi sul traguardo del mio cuore di Fabio Genovesi.

Quella di Fabio Genovesi è una favola per cuori semplici sulle emozioni e le sensazioni che solo lo sport sa dare, in questo caso il ciclismo.

Un libro adatto a tutti, anche a chi di ciclismo non capisce nulla.

Fabio Genovesi sarà ospite del Giardino delle IDEE sabato 15 febbraio 2014 alle ore 17.00 nella nuova e magica cornice del Teatro Vasariano di piazza Grande in Arezzo (con ingresso da piazza del Praticino, 6) con ingresso libero e gratuito.

“Una mattina di maggio, alle elementari, la maestra spiegava gli affluenti del Po e cullato da tutta quell’acqua io mi stavo addormentando. Poi però è entrato in classe lo zio Aldo, con un colpo fortissimo che quasi buttava giù la porta. Senza bussare, senza salutare, è venuto al mio banco, mi ha preso per un braccio e tirato via: dai veloce che andiamo a vedere il Giro? La maestra, mezza nascosta dietro la cattedra, ha provato a dirgli: scusi, ma fra poco li porto io i ragazzi a vedere il Giro? E lo zio: con tutto il rispetto signora, ma sa una sega lei dove è il punto buono?”.

Il punto buono, per uno scrittore, è il punto di vista e sul ciclismo – ma non solo – il punto di vista di Fabio Genovesi è davvero formidabile.

Passione, entusiasmo, grande competenza, scrittura che mescola ruvidezza e tenerezza, meraviglia e malinconia, in altre parole la straordinarietà del quotidiano.

Per trovarne uno simile bisogna tornare alle grandi firme del passato che si sono occupate del Giro.

Se durante la corsa, leggere il racconto del Giro nelle pagine dello sport dei quotidiani rappresenta un piacere sottile, alle prese con un libro si provano nuove sensazioni.

La narrazione si insinua nella realtà come una pozione magica e la trasforma dall’interno in un’avventura irripetibile, senza che ci sia bisogno di ricorrere a effetti speciali.

L’avventura ha inizio.

Ogni tappa diventa un semplice pretesto per improvvisare divagazioni satiriche e osservazioni di costume.

Pier Paolo Pasolini diceva che “il ciclismo è lo sport più popolare perché non si paga il biglietto”.

Anni fa tra gli scrittori e i corridori, che a volte condividevano gli stessi alberghi, c’era una grande distanza culturale.

Lo scrittore si sentiva investito dalla missione di cantare l’epica del ciclismo.

Genovesi sa bene – e lo dimostra in ogni pagina – che la corsa a tappe ricalca due principi classici della narrazione: il viaggio e la suspence ovvero chi vincerà e in che modo.

Ma sa altrettanto bene che oggi bisogna misurarsi con la televisione.

Lo scrittore non può reinventare la corsa o immaginarsi il campione, come faceva un tempo, ma deve attenersi alla marginalità, trasformare ogni colpo di pedale in racconto, scatti di fantasia, strade della memoria, fughe del pensiero.

Tutto primi sul traguardo del mio cuore è un libro pieno d’amore, di curiosità, di passione.

Un racconto a più protagonisti che, tra tante emozioni – inclusi l'hotel di Napoli in cui dormì John Fante e l'aquila avvistata nella 20ma tappa Silandro-Tre Cime di Lavaredo – e qualche delusione, come il micro-monumento al gigante Rocky Marciano scovato in una rotonda di Ripa Teatina, suo paese natale, porta al traguardo tutta la passione di Fabio Genovesi per il ciclismo.

I ciclisti invecchiano.

I ciclisti li consuma la polvere, li scava il sudore, li cuoce il sole e li secca il freddo.

Vengono giù per tornanti a strapiombo sul nulla, così veloci che le auto prima di loro devono partire con grande anticipo, altrimenti i ciclisti le riprendono.

In bici riprendono le auto.

E non c'è doping che aiuti in discesa.

Il Giro d’Italia è uno dei pochi eventi nel nostro paese capace di unire le generazioni, in fondo ha mantenuto la sua vena romantica.