Home Nazionale One-Cent Magenta, francobollo ‘maledetto’ venduto all’asta a 9,5 milioni di dollari

One-Cent Magenta, francobollo ‘maledetto’ venduto all’asta a 9,5 milioni di dollari

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(AdnKronos) – Il ‘One-Cent Magenta’, francobollo del 1800 emesso nell’ex Guiana britannica, è stato venduto all’asta da Sotheby’s per la cifra record di 9,5 milioni di dollari, partendo da poco meno della metà, 4,5 milioni. Ad aggiudicarselo un compratore che è voluto rimanere anonimo. Il precedente record apparteneva a un francobollo svedese della metà del 1800, pagato 2,2 milioni.
“Questo risultato dimostra ancora una volta che la filatelia, oltre a essere un popolare hobby, è considerata un vero e proprio investimento alternativo”, commenta Filippo Bolaffi, dell’omonima società torinese di collezionismo. “All’interno di quella élite di persone al mondo che possono permettersi un Van Gogh o un uovo di Fabergé c’è stata battaglia per aggiudicarsi il ‘One Cent Magenta’ di Guiana che, come altre grandi rarità filateliche internazionali, è considerato a tutti gli effetti dagli investitor come un bene rifugio di lungo periodo e magari anche come uno status symbol”.
“Ho due principali indiziati per l’identità del compratore al telefono – sostiene Bolaffi – che sicuramente non era un collezionista nel senso stretto del termine. Ma dato che ultimamente alcuni buoni francobolli sono stati venduti a persone molto in vista che mai erano comparse prima nel mondo filatelico, potrebbe essere davvero un insospettabile”, conclude Bolaffi.

La storia del francobollo è macchiata da una sorta di maledizione, affiancando il colore rosso del timbro a quello del sangue: l’ultimo proprietario è stato John du Pont, l’eccentrico erede dell’impero della chimica DuPont che finì in carcere per l’omicidio di un lottatore e che morì in carcere nel 2010.
Il ‘One-Cent Magenta’ non è un francobollo con grandi particolarità. Ha uno sfondo magenta dal quale prende il nome, con le scritte impresse in nero e ritrae un battello intorno al quale campeggia la scritta ‘ Damus Petimus Que Vicissim’.