Home Nazionale Per il 35,3% delle aziende la burocrazia è ostacolo all’innovazione

Per il 35,3% delle aziende la burocrazia è ostacolo all’innovazione

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Roma, 23 mag. – (Adnkronos) Il 53,3% delle aziende sviluppa processi di innovazione energetica in-house, piuttosto che acquistare da terzi diritti di sfruttamento di brevetti (6,7%); il 60% ha sviluppato progetti R&S in collaborazione con enti di ricerca statali, ma sono burocrazia (per il 35,3%) e tempi troppo lunghi (13,5%) i principali ostacoli all’accesso a fonti pubbliche di finanziamento. Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto Innovazione Energetica 2014 di I-Com che ha intervistato 945 imprese italiane.
Ed è emerso che tra gli strumenti a sostegno dell’innovazione energetica, l’attivazione di fondi per la realizzazione congiunta di progetti di ricerca (45%) supera di gran lunga la richiesta di sgravi fiscali (10,7%) o di contributi per la ricerca in outsourcing (2,5%). ”Semplificazione: questa la richiesta più pressante delle imprese italiane attive nella R&S in ambito energetico, che identificano nelle lungaggini burocratiche la reale barriera all’accesso alle fonti di finanziamento pubbliche, i cui tempi non collimano con le proprie dinamiche decisionali, inferiori a 6 mesi nel 60% dei casi”, commenta Stefano Da Empoli, presidente di I-Com.
A livello mondiale, la ricerca e sviluppo energetica ha fatto registrare investimenti in linea con il 2011, con un totale di circa 98 miliardi di dollari. A tenere sono gli investimenti privati, che rappresentano il 60% del totale, in crescita del 2,1% rispetto al 2011. Con 42,3 miliardi di dollari e il 44% dell’investimento mondiale, la Cina è in testa alla classifica per area geografica, che vede l’Unione Europea e gli Usa al secondo e terzo posto, con rispettivamente 18 e 14,5 miliardi di dollari investiti. L’Italia, dopo la Spagna, è il Paese che meno ha investito in innovazione energetica, con un totale di 1,3 milioni di dollari (878 milioni dal privati e 513 dal pubblico). Tra i settori che maggiormente hanno attratto risorse nel nostro Paese, si segnalano l’efficienza energetica con un trend di crescita del 59% negli ultimi dieci anni, i combustibili fossili che si attestano a 43,6 milioni di dollari nel 2012. Il numero di lavori scientifici prodotti a livello internazionale subisce una contrazione del 13% nel 2013, con gli Usa (14,4% sul totale) che riconquistano la leadership ceduta nel 2012 alla Cina (12,3%) e la Gran Bretagna che arriva terza, grazie ad un incremento del 24% degli articoli pubblicati.
Pur retrocedendo dal quinto al sesto posto, l’Italia mantiene stabile il numero di pubblicazioni, con un 4,61% degli articoli scientifici usciti nel 2013. Nel campo delle Smart Grid e del Fotovoltaico il nostro Paese esprime i migliori risultati, piazzandosi rispettivamente al secondo e terzo posto mondiale. Relativamente alle richieste di brevetto, l’Italia conferma tuttavia la scarsa capacità di trasformare la buona produzione scientifica sul piano delle opportunità di mercato: secondo i dati preliminari riferiti al 2013, passiamo dallo 0,3% allo 0,4% delle domande globali, con una prevalenza di fotovoltaico e solare termodinamico.
Scomponendo a livello regionale la provenienza dei brevetti nazionali, emerge come nel 2013 la Lombardia consolidi la sua leadership (dal 34,4% del 2012 al 41,4% del 2013), seguita con il 13,8% a pari merito da Lazio ed Emilia Romagna. I-Com fotografa così un doppio binario tra le regioni del Sud e quelle del Nord: le prime eccellono per produzione scientifica (nel 2013 la Campania è prima in Italia per articoli pubblicati con il 14,3% sul totale), mentre le seconde riescono a sviluppare e proteggere la proprietà intellettuale in maniera più efficace e proficua per il business. In Italia sono presenti 368 start-up energetiche su un totale di 1.941 unità. Dal punto di vista geografico, decisivi risultano fattori quali il livello di imprenditorialità diffusa e la presenza di università importanti: lo dimostra la densità di start-up energetiche rilevata in Provincia di Trento (4,3%), di Padova (3,5%) o di Salerno (2,7%). L’elemento più critico risulta essere quello relativo alla dimensione economica e di organico delle nuove imprese energetiche: solo lo 0,9% ha un valore di produzione superiore al milione di euro e l’8,6% non supera i 5 dipendenti. Attraverso un’indagine condotta su 1.020 italiani, il rapporto evidenzia come l’energia (32,1%) rappresenti, dopo la sanità (48,1%), il settore di ricerca su cui dovrebbero concentrarsi maggiormente gli investimenti pubblici. Fra gli intervistati, gli uomini danno maggiore importanza all’innovazione energetica, infatti, proprio fra gli uomini, la percentuale di chi vorrebbe maggiori investimenti sale al 40,2% contro il 37% di chi mette al primo posto la sanità.
Secondo il 39,7% degli italiani intervistati a sostenere la ricerca energetica devono essere le istituzioni pubbliche. Sono l’Unione Europea (38,3%) e lo Stato (39,7%) le istituzioni che secondo il campione rappresentativo devono sostenere la ricerca energetica. I due terzi degli italiani vorrebbero fosse usata la leva della fiscalità generale (63,7%) nel finanziamento pubblico alla ricerca energetica (anziché quella dei consumi attraverso un’apposita voce in bolletta). La percentuale diminuisce però nelle regioni del Nord-Est (51,7%), dove più presente è l’insofferenza verso il livello attuale di pressione fiscale. Quasi un terzo di italiani (il 30,7%) sarebbe favorevole ad un incremento della voce della bolletta elettrica dedicata al finanziamento della ricerca energetica mentre il 67% è quantomeno contrario ad una diminuzione.