Home Nazionale Sanità: medici universitari, a rischio formazione con ‘rottamazione’ a 68 anni

Sanità: medici universitari, a rischio formazione con ‘rottamazione’ a 68 anni

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Roma, 30 lug. (AdnKronos Salute) – La Conferenza dei presidenti dei Collegi dei professori universitari dell’area medica “si oppone all’ipotesi di ‘rottamazione’ a 68 anni prevista nel testo del decreto legge 90/2014 sulla Pubblica amministrazione (su cui si voterà oggi la fiducia). La scelta di mandare in pensione i professori universitari e i primari non prima dei 68 anni, potrebbe eliminare una fetta di docenti e il sistema universitario andrebbe in sofferenza. Ci appelliamo ai deputati e senatori affinché rigettino norma”. Ad affermarlo all’Adnkronos Salute è Alfonso Barbarisi, presidente della Conferenza dei presidenti dei Collegi dei professori universitari di area medica. Gli ‘interessati’ potenziali a questa norma – secondo la Conferenza – sono 8.719 docenti: 531 ricercatori, 2544 professori di seconda fascia e 5644 di prima fascia.
“C’è un forte rischio – aggiunge Barbarisi – di vedere ridurre gli organici senza nessun tipo di risparmio per lo Stato. In questo modo poi mettiamo a repentaglio il ruolo formativo dell’università, perché non è vero che la rottamazione si traduce in uno svecchiamento del corpo docente o l’assunzione di giovani leve”. Secondo la Conferenza, “ancora una volta si interviene in modo disorganico e all’impronta (all’interno di un decreto legge non specifico) sul sistema universitario, così centrale e fondamentale per lo sviluppo delle nuove generazioni senza tener conto del grave depauperamento degli ultimi anni del personale universitario dovuto alla situazione finanziaria ed al conseguente blocco del turn over”.
“Sorge il dubbio – osserva Barbarisi – che in questo modo si vuole, per ragioni finanziarie e populistiche, certamente non democratiche, sottrarre ai cittadini una delle funzioni sociali più importanti e qualificanti dello Stato: quella del diritto allo studio e alla conoscenza. Inoltre la natura facoltativa della misura – conclude – porta ulteriore disordine tra ciascuna università e all’impossibilità di una seria programmazione, che è l’unica via per una razionalizzazione della spesa”.