Home Nazionale Sanità: per 72% medici e infermieri con tagli qualità Ssn peggiorata

Sanità: per 72% medici e infermieri con tagli qualità Ssn peggiorata

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Roma, 10 set. (AdnKronos Salute) – Sicurezza, qualità, tempi di accesso alle cure sono già stati compromessi dalla spending review precedente e dalle successive manovre finanziarie: queste alcune anticipazioni dell’indagine che Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato ha realizzato nel periodo maggio/giugno 2014 e che ha raccolto il punto di vista di un campione di 1.438 professionisti della salute appartenenti a 15 organizzazioni del settore. Per oltre l’81% del campione intervistato i tagli previsti dalle norme che si sono succedute nel tempo impattano molto sul proprio operato quotidiano, soprattutto nei casi dell’infermiere (87,6%), del chirurgo (82,3%) e del medico di laboratorio (84,1%).
Ma l’esperienza quotidiana dei professionisti evidenzia segnali allarmanti sugli effetti che i molteplici provvedimenti stanno generando sull’assistenza sanitaria pubblica erogata ai cittadini. Il 72% dei professionisti conferma che è in atto una vera e propria riduzione della qualità dei servizi; il 65,3% rileva un forte aumento dei tempi di attesa e il 61,7%, un marcato aumento dei rischi per la sicurezza.
“I dati – spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva – dimostrano che cittadini e professionisti vivono la stessa preoccupante realtà: si è deciso di far quadrare i conti finora sacrificando qualità, sicurezza e accessibilità alle cure. Una strada semplice da imboccare per le istituzioni nel breve periodo, ma che sta mostrando tutto il suo limite e pericolosità per il diritto alla salute dei cittadini, nonché per il presente e il futuro del Servizio sanitario nazionale”.
Secondo Aceti, “è necessario invertire subito la rotta: abbandonare la logica prettamente economicistica; tornare a investire nel Ssn riqualificandolo; rimettere soprattutto al centro delle politiche pubbliche la garanzia dell’effettività dei Livelli essenziali di assistenza con particolare riferimento alla loro accessibilità, qualità, sicurezza. Si può e si deve fare considerando tutto ciò priorità nell’effettiva attuazione e implementazione del Patto per la Salute 2014-2016, che altrimenti rischia di rappresentare ancora una volta l’ennesimo esercizio di stile con nessun effetto concreto sulla vita dei cittadini”.
Dall’indagine – realizzata con il contributo non condizionato di Assobiomedica – emerge inoltre che il 67% dei professionisti che opera in una azienda ospedaliera dichiara un aumentato rischio per la sicurezza dei cittadini; che il 74,2% di coloro che operano in un policlinico universitario rileva una riduzione della qualità dei servizi; che il 64,5% degli specialisti denuncia un aumento dei tempi di attesa all’interno degli ospedali pubblici.
“Altri tagli al fondo – afferma Aceti – non sarebbero sostenibili né per i cittadini, né per il Ssn: si trasformerebbero in mera riduzione dei servizi, compressione dei diritti e delle tutele. Abbiamo già pagato e tanto in termini di qualità, sicurezza e accessibilità alle cure. Tra tagli alle risorse e ai servizi, peso di ticket e tasse, blocco del turn over, promosse disattese di rilancio del territorio, i cittadini fanno sempre più fatica a curarsi, soprattutto in alcune aree del Paese. Il nodo vero oggi non è quanto spendiamo, ma come spendiamo e come amministriamo i servizi. In questo senso – conclude – la spending review che ci aspettiamo dovrebbe, ad esempio, aggredire le esistenti duplicazioni di centri decisionali, funzioni e strutture: assorbono risorse impropriamente e penalizzano l’equità di accesso alle cure per i cittadini”.