Home Nazionale Sblocca Italia: ambientalisti, Italia non è colonia signori petrolio

Sblocca Italia: ambientalisti, Italia non è colonia signori petrolio

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Roma, 15 ott. (AdnKronos) – “Il Governo Renzi, con le disposizioni contenute nell’art. 38 del dl Sblocca Italia, favorisce la nuova colonizzazione del nostro territorio e dei nostri mari da parte dell’industria petrolifera, invece di difendere l’interesse pubblico ad uno sviluppo economico sostenibile, ampliando le servitù petrolifere in Basilicata a tre quarti del suo territorio, bypassando il divieto in Alto Adriatico, favorendo le attività nel canale di Sicilia e mettendo a rischio anche il Nord Ovest della Sardegna”. A sostenerlo in una nota congiunta sono Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia.
Le tre associazioni ambientaliste, in particolare, osservano che l’art. 38 del dl “è nel solco di una strategia del Mise, che tende a favorire gli interessi dei petrolieri sin dal 2010, quando ci fu la modifica del Codice dell’Ambiente sulla interdizione alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi in una fascia di 12 miglia dal perimetro esterno delle aree naturali protette marine e costiere, e cerca di scardinare qualsiasi norma prudenziale, prima con l’apertura delle attività nel Golfo di Taranto, già nel 2011, poi con la sanatoria delle ‘procedure in corso’ al giugno 2010 seppur localizzate nelle aree interdette e ancora con l’individuazione di una nuova area di sfruttamento, grande quanto la Corsica, tra la Sardegna e le Baleari”.
Ma il calcolo costi-benefici dell’impatto economico, sociale e ambientale di questo approccio, rilevano, “è assolutamente perdente quando si pensi che l’inquinamento sistematico e il rischio di incidente mettono a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico, dove si svolgono fiorenti attività economiche legate ai settori delle pesca e del turismo per cercare di estrarre petrolio di bassa qualità che potrebbe coprire, valutate le riserve certe a terra e a mare, il fabbisogno nazionale per appena 13 mesi”.
Nel dl, sottolineano le associazioni ambientaliste, “si stabilisce che indistintamente un’intera categoria di attività di prospezione, ricerca coltivazioni di idrocarburi e stoccaggio nel sottosuolo rientrino nelle procedure accelerate e semplificate derivanti dalla legge Obiettivo che consentono, contro ogni principio precauzionale, di dare la compatibilità ambientale in appena 60 giorni anche a progetti molto impattanti e tecnologicamente delicati”. Ma la corsia preferenziale, rilevano, “viene accordata normalmente solo alle opere individuate nel Programma delle infrastrutture strategiche, mentre la norma contenuta nello Sblocca Italia dà carta bianca a tutti gli appetiti dei privati senza alcuna indicazione di priorità”.
Pur di riprendere le attività di produzione interrotte nel 2002 per la delicatissima situazione geologica dell’Alto Adriatico, sottolineano Wwf, Legambiente e Greenpeace, “vengono avviati forzosamente, con arroganza orwelliana, ‘progetti sperimentali di coltivazione’, sui cui il Mise vuole dire la sua, invece di concludere gli studi necessari per verificare il grave pericolo di subsidenza (nel litorale ravennate è stato registrato recentemente un abbassamento pari a 20 mm/anno) nel quadrante tra il parallelo che passa per la foce del fiume Tagliamento e per la foce del ramo di Goro del fiume Po. Studi che dovevano essere condotti sotto la regia del Ministero dell’Ambiente. Non solo, la norma è scritta così male che potrebbe anche favorire forzature in altre parti del Paese”.