Home Nazionale Scozia, nuovo sondaggio conferma l’avanzata dei separatisti. Westminster in rivolta: Elisabetta intervenga

Scozia, nuovo sondaggio conferma l’avanzata dei separatisti. Westminster in rivolta: Elisabetta intervenga

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(AdnKronos) – Un nuovo sondaggio conferma l’avanzata dei separatisti a nove giorni dal referendum sull’indipendenza della Scozia, in programma il prossimo 18 settembre.
Un rilevamento Tns, su un campione di 990 adulti sopra i 16 anni, mostra un testa a testa fra i due campi, con i separatisti pronti a votare ‘sì’ saliti al 38% rispetto al 32% di luglio e gli unionisti del ‘no’ scesi al 39% dal 32% della precedente rilevazione. Un pareggio vero proprio si registra se si considerano solo coloro che sono certi di votare (846 persone): i due fronti, pro e contro l’indipendenza, si attestano entrambi al 41% del campione.
Il sondaggio – “Questo sondaggio dimostra una notevole svolta nelle intenzioni di voto, ma i segni erano già evidenti negli ultimi sondaggi che mostravano una riduzione del vantaggio del ‘no’, specie fra chi si dichiara certo del voto”, afferma Tom Costley, responsabile di Tns Scozia. Al momento non vi è un chiaro vincitore, aggiunge, prevedendo che le due parti cercheranno di utilizzare gli ultimi giorni di campagna per conquistare gli indecisi. L’ultimo rilevamento, su un campione di 990 elettori, conferma la tendenza già evidenziata dal sondaggio YouGov di domenica che dava i separatisti al 51%.
I leader dei due fronti – “La nostra campagna ha il vento in poppa – afferma Blair Jenkins, leader della campagna Yes Scotland – il sostegno al sì sta crescendo fra le donne e gli elettori laburisti”. Ma Blair McDougall, direttore della campagna unionista Better together, si dice certo che vincerà il ‘no’. La gente, spiega, ha capito che non vi è posto per il voto di protesta. La caduta lunedì della sterlina, aggiunge, dimostra come l’indipendenza sia “un serio rischio” per l’economia, le pensioni e il welfare.
Westminster in rivolta – Intanto, in attesa del voto, dai banchi di Westminster si alza trasversalmente un coro di richieste al premier David Cameron affinché chieda alla regina Elisabetta di interrompere il suo assoluto silenzio sull’argomento e si pronunci sul referendum per l’indipendenza della Scozia. Come rivela il Telegraph, i deputati conservatori, laburisti e liberal democratici vedono nell’intervento della sovrana un’ultima, estrema risorsa per fermare l’avanzata del fronte del ‘si’ che sta gettando nel “panico” gli unionisti, come non mancano di sottolineare gli indipendentisti.
Spaventati dalla prospettiva ormai concreta di una dissoluzione del Regno Unito, i deputati hanno in mente quanto già accaduto nel 1977, in occasione del Giubileo d’Argento di Elisabetta. In quell’occasione, Scozia e Galles erano chiamati al voto per decidere sull’istituzione di proprie assemblee nazionali. Elisabetta si pronunciò affermando di comprendere le “aspirazioni” dei sudditi gallesi e scozzesi che chiedevano maggiore autonomia ma, disse, “non posso dimenticarmi di essere stata incoronata regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord”, ricordando i “benefici” che l’Unione plurisecolare aveva garantito, “in patria e all’estero, a tutti gli abitanti di tutte le parti del Regno Unito”.
Stavolta, però, la sovrana intenderebbe rimanere neutrale. Elisabetta, che attualmente si trova nel castello scozzese di Balmoral, dove rimarrà fin dopo il voto del 18 settembre, segue “da vicino” l’evolversi della situazione. Nel weekend, in un colloquio con Cameron, si sarebbe detta “inorridita” davanti alla prospettiva di una dissoluzione dell’Unione (immediata la smentita di Buckingham Palace), ma secondo molti osservatori difficilmente si pronuncerà, fedele alla linea in base alla quale la monarchia non deve entrare nelle controversie politiche. A mettere in imbarazzo la regina è anche l’abile manovra del first minister scozzese Alex Salmond il quale, vincendo le resistenze repubblicane che giungono dai ranghi del suo Scottish National Party, ha fin dal varo del referendum confermato che Elisabetta rimarrà capo di stato anche di una Scozia indipendente da Londra, “come lo erano i suoi antenati”. A poche ore dalle rivelazioni del Telegraph, il nuovo ‘Braveheart’ scozzese che dopo 308 anni potrebbe mettere fine all’Unione, ha subito lasciato intendere che anche Elisabetta sarebbe a favore di una Scozia indipendente e “fiera di essere regina degli scozzesi, così come noi siamo stati fieri di averla come monarca”. A patto, questo il non detto del messaggio di Salmond, che Elisabetta non si pronunci prima del voto.
A ‘rischio’ anche Cameron – Eppure, per Cameron, la ‘carta Elisabetta’ potrebbe essere veramente l’unica arma efficace ormai a disposizione per fermare la marea montante dell’entusiasmo indipendentista a nord del Vallo di Adriano. Oltre che della sopravvivenza dell’Unione, ne va anche del suo futuro politico. Già da giorni, sulle pagine dei quotidiani britannici, si rincorrono voci di richieste di sue dimissioni da parte dei vertici del partito Conservatore, in caso di sconfitta dei ‘no’ nel referendum del 18 settembre. “Verrebbe ricordato dalla Storia come l’uomo che ha perso l’Unione”, ha affermato un esponente di spicco dei Tories, rimasto rigorosamente anonimo.
La prospettiva di una sconfitta nel referendum, dal punto di vista politico, sarebbe ancora più drammatica per i Laburisti, che proprio in Scozia hanno uno dei loro maggiori bacini elettorali. In caso di vittoria dei ‘sì’, potrebbero passare parecchi anni prima che il partito di Ed Miliband, contando sui soli seggi a sud del confine, sia nuovamente in grado di ottenere una maggioranza a Westminster. Per questo, in un estremo tentativo bipartisan, negli ultimi giorni è sceso in campo anche l’ex premier laburista, lo scozzese Gordon Brown. Il predecessore di Cameron è stato inviato in tour in Scozia per convincere gli indecisi e, soprattutto, gli elettori laburisti che nelle ultime settimane sempre più si sono spostati sul fronte del ‘sì’, delle buone ragioni, storiche, economiche e anche “patriottiche”, di un voto a favore del mantenimento dell’Unione con Londra. Al tour di Brown si accompagna l’annuncio di un nuovo pacchetto legislativo da 13 miliardi di sterline che garantirebbe agli scozzesi maggiore autonomia fiscale e in materia di welfare, che i tre principali partiti, Conservatori, Laburisti e Liberal democratici, si sono solennemente impegnati a mettere a punto entro gennaio e ad approvare ai Comuni subito dopo le elezioni politiche del maggio 2015. Potrebbe non bastare e allora, forse, Cameron sarebbe veramente costretto a “mettere in imbarazzo” Elisabetta, chiedendo all’anziana sovrana di pronunciarsi e compiere quel ‘miracolo’ che la politica sembra non essere più in grado realizzare.
Missione congiunta Cameron, Miliband e Clegg in Scozia – E una nuova iniziativa dei tre maggiori partiti britannici è in programma per mercoledì. Il premier e leader conservatore David Cameron, il leader laburista Ed Miliband e quello liberal democratico Nick Clegg saranno in Scozia per sostenere la campagna contro l’indipendenza e a favore del mantenimento del Regno Unito. I tre leader politici, riporta la Bbc, non viaggeranno o appariranno insieme. Tuttavia, in una dichiarazione congiunta, i tre affermano, “molte cose ci dividono, ma c’è una cosa sulla quale con passione ci troviamo d’accordo: il Regno Unito sta meglio insieme”, richiamando il titolo della campagna ‘Better together’ a favore dell’Unione. Cameron e Miliband, in occasione della trasferta scozzese, rinunceranno quindi al tradizionale question time a Westminster.